Ma crescono anche le paure legate a un uso eccessivo delle tecnologia. Un rapporto da EY

Aumentano il bisogno di connettività e l’adozione di servizi digitali. Ma crescono anche le paure legate a un uso eccessivo delle tecnologia. Che la pandemia abbia avuto questi effetti non è una sorpresa: il rapporto Digital Home Study di EY, però, quantifica bisogni e timori.

La connettività è un bisogno

Il Covid-19 ha spiegato in modo pratico cosa significhi avere una connettività efficiente. Più di un italiano su due la considera oggi irrinunciabile. E uno su quattro si dice anche pronto a spendere di più pur di averla. Per quanto l’esigenza sia nata durante i mesi di lockdown, tra dad e lavoro da remoto, sembra che il bisogno di connettività sia destinato a restare oltre l’emergenza.

La scoperta di nuovi servizi

La pandemia ha spinto a sperimentare nuovi servizi digitali: una tendenza globale, che però in Italia appare ancora più marcata. Secondo il report di EY, un italiano su tre ha utilizzato per la prima volta una videochiamata per lavoro, contro il 20% dei francesi e il 18% dei tedeschi. La didattica online è stata una novità per il 30% degli italiani (percentuale ben più robusta rispetto al 12% della Francia e all’11% della Germania). Il 23% ha fatto ricorso per la prima volta ai servizi sanitari digitali (dieci punti percentuali in più rispetto a Parigi e Berlino). I dati possono essere interpretati in due direzioni: il distacco dagli altri Paesi certifica da una parte quanto gli italiani si siano avvicinati ai servizi online; dall’altra lasciano ipotizzare una condizione di partenza più arretrata.

Le ansie della digitalizzazione

La digitalizzazione, al netto dei suoi benefici, non è un processo indolore. Si sono amplificate ansie e timori legati all’utilizzo della tecnologia. La questione della privacy rappresenta la fonte di angoscia primaria tra gli utenti: rispetto al pre-pandemia, il 37% degli italiani afferma di essere più preoccupato sulla riservatezza dei propri dati. Il 66% sostiene di essere estremamente prudente nel condividere informazioni personali online. Il dato è superiore rispetto a quello della Germania (61%) ma inferiore rispetto a Francia (73%), Stati Uniti (72%) e Gran Bretagna (71%). Anche in questo caso, le percentuali vanno soppesate: la prudenza deriva da una percezione, che non sempre corrisponde a una condotta realmente virtuosa, specie se in assenza di alfabetizzazione digitale. Allo stesso modo, una maggiore preoccupazione sulla gestione dei propri dati non è, di per sé, una cattiva notizia: potrebbe essere generata da una maggiore consapevolezza.

Malessere digitale

Sono sempre di più gli utenti che si dicono preoccupati per l’impatto dell’uso delle tecnologie sul “benessere digitale”. Un italiano su due sostiene di attribuire maggiore attenzione alle conseguenze dell’utilizzo diInternet sul proprio benessere psicofisico rispetto a quanta ne prestasse prima del Covid-19. Il 52% cerca di ritagliarsi dei momenti da trascorrere lontano dal proprio smartphone e il 39% pensa di passare troppo tempo davanti agli schermi elettronici presenti nella propria abitazione.

Lo streaming supera le pay tv

Sin dalle prime settimane di pandemia, il traffico di dati ha fatto segnare un picco, causato soprattutto da videogiochi e da altri contenuti in streaming. Se molti utenti stavano già migrando dai canali tradizionali a quelli online, con la pandemia lo streaming è diventato un affare di famiglia. L’attrazione delle piattaforme online è tale che la maggioranza degli intervistati (60%) ritiene un abbonamento a un servizio di streaming più importante rispetto a quello di una pay tV. Una convinzione che in Italia è ben più forte rispetto a Germania (46%) e Francia (41%). Restano però alcune criticità. Il 42% degli intervistati considera la pubblicità in rete più intrusiva rispetto a quella televisiva e il 39% degli utenti tra i 18 e i 24 anni si dice disposto a pagare un extra pur di eliminarla. Attenzione anche all’effetto abbuffata: l’abbondanza di contenuti offerti dai servizi di streaming non viene considerata un punto di forza. Anzi: per il 28% degli intervistati è un fattore di frustrazione che non permette di rintracciare con facilità i contenuti preferiti. Un dato coerente con un altro: il 40% è convinto di pagare troppo per contenuti che non vuole o di cui non ha bisogno.

Rete fissa, cercasi trasparenza

Il 61% degli utenti ritiene che la trasparenza, soprattutto nei piani tariffari, sia il requisito principale quando si tratta di scegliere il proprio fornitore di servizi di rete fissa. Subito dopo, nella lista delle priorità, seguono la velocità della rete (59%) e la qualità del supporto tecnico (44%). L’eccessiva complessità delle informazioni intrinseche nelle offerte e nei servizi di rete fissa rappresenta il fattore di maggior vulnerabilità che rende difficoltosa l’esperienza dei clienti in questo settore. Tant’è che per il 27% dei consumatori non vale la pena cambiare operatore di rete fissa considerando il tempo e lo sforzo necessari.

Prezzo e pacchetti: cosa guardano gli utenti

Il prezzo allora non conta? Tutt’altro. Proprio perché i consumatori non riescono a percepire le reali differenze tra i servizi offerti (un italiano su quattro non conosce la massima velocità della propria connessione e meno della metà si dichiara consapevole dei benefici offerti dalle tecnologie di rete fissa), alla fine si gioca tutto sul prezzo.

Così – sottolinea il report – gli operatori cercano di ampliare la propria base clienti applicando sconti tramite la vendita congiunta di più servizi. Già il 25% degli intervistati dispone infatti di un abbonamentoInternet che tiene insieme rete fissa e mobile, ed il 49% sostiene che prenderà presto in considerazione questa opzione. Inoltre, il 52% degli utenti ritiene di poter ottenere un risparmio considerevole tramite acquisti bundle “rete fissa e mobile” da uno stesso operatore. Un utente su tre è interessato a offerte specifiche di connettività per il lavoro agile o per la didattica a distanza. Uno su due gradisce l’abbinamento rete fissa-pay tv, il 30% guarda a offerte che integrino pacchetti fitness-salute-benessere e il 28% è attratto da proposte di connettività fissa complete di prodotti per videogiochi eeSport.

Telefono batte chat

Oggi c’è la possibilità di interagire con i propri fornitori attraverso diversi canali digitali. Il 44% degli italiani, però, preferisce ancora presentarsi fisicamente nei punti vendita per acquistare un servizio di rete fissa, contro un 40% che preferisce utilizzare il canale digitale. Restano però i call center, utilizzati da un italiano su due, la via più battuta per contattare il proprio fornitore.

Il 5G in casa

Vista sul 5G. La quinta generazione della telefonia mobile comincia ad essere percepita come un valido sostituto della rete domestica da una fetta rilevante di consumatori. Il 24% degli intervistati indica infatti come vantaggio principale del 5G quello di poterlo utilizzare anche come primaria connessioneInternet di casa.

(Agi)

 

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