Parlo per la prima volta con Marco Crocicchi, candidato sindaco di Bracciano, davanti l’affaccio del lago. È giovane, non c’è titubanza iniziale nel rapporto, si comincia subito col “tu” e in parte nell’approccio lo aiuta oltre alla dialettica (una laurea in Comunicazione torna sempre utile, nda) anche una vaga somiglianza con Raoul Bova, specie quando sorride, che lo rende quasi familiare.
Chi glielo fa fare a mettersi in politica?
«E‘ una domanda da un milione di dollari, alla fine nella scelta credo sia subentrata non dico l’idea di restituire qualcosa alla società, ma sicuramente un profondo senso del dovere in una fase in cui tutti guardano con diffidenza alla politica. Ho deciso di mettermi in gioco, insieme alle persone che insieme a me hanno immaginato questo percorso partecipativo e di rinnovamento per Bracciano».
Qual è il nome della sua coalizione?
«La mia coalizione si chiama “Il coraggio di cambiare” ed è formata da due liste, “Una Costituente per Bracciano” e “Bracciano ora cambia”, formate da rappresentati dei partiti del centrosinistra e della società civile. Vogliamo superare i soliti schemi e proporre un nuovo approccio politico in cui al centro ci sia la partecipazione, in cui i cittadini non siano chiamati ogni cinque anni a essere semplici comparse nello scontro elettorale, ma ritornino al centro dell’attenzione di un’amministrazione che sia capace di ascoltare».
La sua compagna come ha reagito alla scelta politica?
«La reazione è stata duplice, da una parte c’è ovviamente il sostegno e la soddisfazione per gli attestati di stima ricevuti. Allo stesso tempo, dal punto di vista personale è naturale anche un po’ di timore per la quantità̀ di impegni in questa fase di campagna elettorale e per il dopo».
Qual è stata la reazione della sua famiglia?
«Prudente. Da un lato hanno apprezzato, dall’altra vivono con un po’ di preoccupazione questa scelta, perché sanno bene che quando mi metto in testa una cosa riesco a dare tutto me stesso, non mi risparmio, non faccio calcoli».
Parliamo da alcuni minuti e lei ha perennemente il sorriso sul volto. Lo sa che se verrà eletto questo sorriso sparirà̀?
«L’ho messo in conto, ma sono abituato ad affrontare le cose con serenità. Vivere senza il sorriso spesso non cambia l’esito delle cose, anzi, sorridendo il risultato è migliore. Questo non significa che sottovaluto la responsabilità del ruolo che potrei andare a ricoprire, sono consapevole che non mancheranno difficoltà o polemiche, soprattutto in un paese come il nostro in cui molti hanno causato divisioni e fratture. Ho comunque fiducia nella capacità che la nostra comunità possa crescere e fare un salto di qualità».
Lei che studi ha fatto?
«Ho studiato comunicazione, mi sono laureato a “La Sapienza” una quindicina di anni fa. Qualcuno pensa che se ti laurei in comunicazione sei un presentatore televisivo, un giornalista. Niente di tutto questo. Nella realtà vengono mostrati ingredienti che aiutano a interpretare determinate cose che sono presenti nell’attività quotidiana. La comunicazione sta assumendo un ruolo primario in molte attività. Soprattutto in politica c’è un deficit di buona comunicazione. Assistiamo e subiamo quotidianamente esempi distorti di una comunicazione manipolativa che mira a ottenere vantaggio a scapito di qualcun altro. Comunicare bene significa non solo avere gli “attrezzi del mestiere” ma anche ascoltare, in modo che tutte le parti in causa ne possano uscire arricchite».
Lei di cosa si occupa?
«Ho il privilegio di lavorare nel settore, nel Parco regionale di Bracciano-Martignano mi occupo di comunicazione. Una buona parte della mia attività si svolge nelle scuole, dove sono impegnato in progetti di educazione ambientale rivolti ai giovani: dalla scuola d’infanzia, fino all’università, con l’obiettivo di avvicinare bambini e ragazzi alle tematiche legate all’ambiente. Occorre coinvolgere tutti, partendo dai più giovani, nella consapevolezza del ruolo che ognuno di noi ha per mantenere gli equilibri ecologici, tema di particolare rilevanza sia locale, per il grande valore ambientale del nostro territorio, sia globale, se pensiamo ai cambiamenti climatici».
E’ la sua prima volta in politica?
«Si, è la mia prima volta in questa veste. Ma il mio impegno per il territorio si è espresso nell’ambito dell’associazionismo sportivo in cui ho anche ricoperto ruoli dirigenziali. Attraverso la promozione dello sport si avvicinano i giovani ai valori dell’impegno e dello spirito di squadra in cui le capacità dei singoli vengono messe a disposizione per il gruppo. L’ultima esperienza è stata come vicepresidente in una associazione sportiva di Bracciano che avevo concorso a fondare insieme ad altri amici e collaboratori».
Quando uno è sindaco… è sempre colpa del sindaco. Qualsiasi cosa accada. Lei l’ha messo in preventivo?
«Si, l’ho messo in preventivo. I sindaci sono il primo contatto diretto dei cittadini con le istituzioni. Io so di poter contare su una squadra di persone che rappresento e che mi hanno scelto, dunque non temo di essere lasciato solo. Sicuramente il dibattito sul tema della responsabilità dei sindaci è centrale per il buon funzionamento della macchina amministrativa. Alcuni interventi positivi sono già stati fatti, il ruolo del sindaco è fondamentale per la sua comunità e le norme devono tutelarlo».
Senza togliere nulla a chi ha gestito finora il territorio, cosa manca oggi a Bracciano?
«Sarebbe facile parlare di decoro urbano, di cura dei beni comuni, della mancanza dei centri di aggregazione, vedi per esempio la chiusura degli impianti sportivi e quindi un certo allontanamento dei ragazzi dal coinvolgimento della vita sociale. Ma in generale c’è stato un allontanamento da parte dell’amministrazione nei confronti dei cittadini e con il mondo dell’associazionismo. Questi avvenimenti hanno avuto un filo conduttore, facendo perdere lo spirito di comunità. Ormai è chiaro che se non si promuove partecipazione e condivisione ogni iniziativa è vissuta come calata dall’alto ed è difficile che abbia i risultati sperati. Parlo della lotta all’abbandono dei rifiuti, della cura delle spiagge, degli spazi pubblici. Se le persone non sentono propri questi temi e questi luoghi, e non si sentono protagonisti del loro mantenimento, è più facile che ci siano comportamenti sbagliati, che comunque vanno perseguiti. Sarà importante ricreare questo spirito di collaborazione fra le realtà che stanno nel territorio. Ci sono tante associazioni, tante professionalità, tanti volontari che potrebbero dare un contributo, e questo contributo sarebbe più efficace e utile se fosse frutto di una visione, di un progetto più organico alle loro possibilità, alle loro caratteristiche e alle loro qualità».
Lei, insomma, è all’esordio, questa sarà la sua prima tornata elettorale. Come ci si avvicina?
«Partiamo dal fatto che per gran parte del lavoro che abbiamo svolto, e che va avanti da quasi due anni per quel che riguarda la coalizione, abbiamo evitato di lavorare sul programma elettorale puntando sulle mancanze attuali. Abbiamo voluto lavorare molto sulle proposte e verificato che queste proposte fossero effettivamente percorribili e sostenibili, anche sul piano economico. Serve un salto di qualità, serve rendere la macchina amministrativa in grado di supportare queste proposte, renderle realizzabili nei prossimi anni. Tutto ciò presuppone una riorganizzazione degli uffici e anche la creazione di una struttura che sia specializzata e che possa dedicarsi al reperimento dei fondi regionali e di quelli che vanno trovati sul piano delle opportunità che offre l’Europa. E’ un aspetto molto tecnico che necessita di professionisti, servirà investire sulla formazione e in questo senso sarà importante dare centralità agli uffici. L’obiettivo sarà quello di ricostruire una normalità virtuosa ed efficiente che rimetta ognuno al suo posto. La politica deve dare degli indirizzi, quelli che li realizzano e che rappresentano la continuità davanti agli occhi dei cittadini devono essere gli uffici».
Notte delle elezioni, fingiamo che lei sia stato appena eletto. Quale è la prima cosa che fa?
«Veramente non ci ho ancora pensato. Sicuramente, anche per una “deformazione sportiva” tendo a condividere tutto con la squadra. Diciamo che potremmo concederci un giorno per festeggiare, tutti insieme. Ma subito dopo si inizia a lavorare a testa bassa per realizzare il programma».
Le piace lo sport, siamo in tema olimpico… lei si sente più una medaglia sicura come quella di Gianmarco Tamberi, che era una cambiale da riscuotere visto quel che gli era successo, o una medaglia inattesa come quella di Marcel Jacobs?
«Farei riferimento a un’altra gara, a quella della maratona, che è più vicina al tipo di percorso effettuato, perché parliamo di un progetto a lungo termine, che richiede fatica, che inevitabilmente avrà i suoi momenti di stanca e magari di crisi e che richiede di cercare le forze residue e spremere fino all’ultima goccia di sudore per arrivare al traguardo».
Domanda dettata dal perbenismo che ormai regna sovrano e soprattutto dalle indicazioni della nostra società. E lista di tutte donne, per esempio? Sono state considerate?
«No, tutte donne non si può fare, il minimo di rappresentanti di un genere o dell’altro è imposto dalla legge. Inizialmente avevo sentito dire che era difficile trovare donne disposte a percorrere questo tipo di cammino, forse perchè spesso poco valorizzate o utilizzate come quota rosa, invece che valutate per capacità e competenza. Non dico che abbiamo il problema opposto, ma attualmente sono leggermente in vantaggio le donne. E questo mi fa molto piacere».
Due anni di lavoro, parlo del vostro interno. Non credo ci siano state rose e fiori. Quale è stata la modalità che avete usato?
«Non ho assolutamente l’ambizione di rappresentare l’uomo solo al comando. Il ruolo che ricopro, anche in questa fase, include la possibilità di dover essere l’ago della bilancia, ma solo laddove non si riesca col dialogo a raggiungere una sintesi. Fino a questo momento non è stato necessario, ma se e quando lo sarà non mi tirerò indietro. All’interno della coalizione la visione è omogenea e condivisa, ma è normale che su alcuni argomenti le posizioni possano essere divergenti. Come abbiamo fatto fino a oggi, continueremo a confrontarci a viso aperto, a ragionare in maniera costruttiva, trovando la soluzione migliore e che in ogni caso non diventi un compromesso al ribasso».
Cosa significa al cospetto dei braccianesi il suo ingresso in politica?
«Questo dovremmo chiederlo a loro. Ma posso dirle che c’è un grande desiderio da parte dei cittadini di tornare a essere protagonisti. Sono stato fermato e contattato da tante persone che non conoscevo personalmente e che hanno mostrato interesse, vogliono impegnarsi, vogliono dire la loro, vogliono partecipare ma che fino a oggi sono state escluse dalle scelte amministrative. Uno degli obiettivi sarà quello di ricucire questa distanza, in parte dettata anche da fattori dovuti all’attività lavorativa, al pendolarismo. Ci sono tanti nuovi cittadini, soprattutto a Bracciano nuova che devono essere coinvolti nella vita della città, attraverso la consapevolezza di ciò che Bracciano è e di quello che può offrire. Non è un caso se abbiamo deciso di aprire a Bracciano nuova il nostro comitato, una presenza che continuerà anche dopo il voto. Molte proposte e idee che abbiamo sono state sviluppate con un’attenzione particolare alla Bracciano nuova e alle frazioni, che spesso solo per motivi di puro calcolo elettorale finiscono per essere ricordate ogni cinque anni e non sono mai protagoniste dell’attività durante il mandato. Mi piacerebbe, anche per una questione simbolica, dedicare alle frazioni i primi interventi, i primi lavori pubblici che potranno essere realizzati in futuro».
Parafrasando il titolo di un film dei fratelli Coen (“Non è un Paese per vecchi”, nda) verrebbe da dire che l’Italia non è un Paese per politici giovani. Gli elettori riescono a capacitarsi del fatto che un giovane sia in grado di dare qualcosa in più alla politica, e in maniera particolare rispetto alla politica che c’era ieri?
«Mi auguro di sì e spero che i cittadini possano rafforzare questa tendenza. Credo che in questa fase storica particolare possa subentrare l’idea della necessità di un cambiamento, che comunque è in corso. I temi che ci troveremo ad affrontare saranno la digitalizzazione, l’innovazione, l’ambiente, tutta una serie di interventi che dovranno portare ad avere una Bracciano più moderna, anche sotto il punto di vista turistico. Puntiamo a una Bracciano più virtuosa, più vicina alle difficoltà delle persone e che sappia fare rete nel settore del sociale. Puntiamo a implementare l’attività sportiva offerta, una Bracciano come palestra a cielo aperto, a misura dei giovani, degli anziani e delle famiglie. Inoltre, come rilevato negli incontri tematici che abbiamo promosso, c’è in corso un profondo rinnovamento nelle piccole aziende. Sul tema dell’agricoltura, per esempio, abbiamo incontrato molti giovani imprenditori che hanno rilevato l’azienda di famiglia, che vogliono sfruttare le nuove forme di comunicazione, vogliono fare “rete” e cogliere le nuove opportunità offerte dall’Unione europea e dalla Regione Lazio. Chiedono sportelli informativi, e di essere aiutati in questo percorso ambizioso».
Lei ha cento amici, quando sarà sindaco diventeranno duecento, dopo che avrà detto qualche “no” si ritroverà con una cinquantina di amici. Lei ha messo in preventivo anche questo?
«Credo che in qualche modo sia inevitabile. Ma allo stesso tempo non ho dubbi che i veri amici ci saranno sempre».
Massimiliano Morelli