22 Novembre, 2024
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Il ruolo delle forze progressiste e dei futuri amministratori

C’è un unico concetto attorno al quale ruoterà tutta la mia riflessione ed è il seguente: sono oggi più che mai vive le ragioni per rilanciare il progetto politico della “Sinistra”, del Paese e del nostro territorio. Questo è l’unico chiodo al quale appendo sia le riflessioni sull’apertura di una nuova fase, sia la proposta di programma. Due erano gli obiettivi fondamentali.
Primo: dare alle forze progressiste un profilo ecologista, con la convinzione che le idee e una visione di medio e lungo termine del ventunesimo secolo, le stesse dovevano e devono essere all’altezza delle sfide del nostro tempo se non mette nel cuore della propria cultura politica i temi dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile e oggi della transizione ecologica.
Secondo: favorire una evoluzione dell’ambientalismo, superando logiche minoritarie e fondamentaliste che caratterizzano il cosiddetto “ambientalismo del no”, per affermare un ambientalismo portatore di fiducia nel futuro, capace di farsi politica generale e di avere un consenso maggioritario nell’opinione pubblica. Queste due esigenze sono ancora vive? A mio parere si, per più ragioni, sulle quali vale la pena di soffermarsi.
In pochi mesi l’Italia ha conosciuto una rivoluzione politica. L’insoddisfazione per questi risultati – per non dire la sfiducia – non ci impedisce di vedere quanto grandi e difficili siano i problemi da affrontare e ora le forze progressiste, ma non solo, hanno responsabilità ancora più grandi sulle spalle, perché hanno funzioni di governo e perché milioni di italiani si aspettano un cambiamento radicale.
Torna la stessa domanda fatta più volte in questi anni: come si esce da questa crisi? Tornando a fare le stesse cose di prima? Tornando alle stesse politiche? Allo stesso modello di sviluppo? Agli stessi stili di vita? Dalle grandi crisi – questa è la nostra convinzione tenace – se ne esce solo cambiando rotta, con politiche innovative in mano e una visione del futuro in testa. In Europa finalmente si è aperta una discussione – uno scontro politico – sulla necessità di cambiare rotta. Anche a seguito della pandemia. Dopo anni di politiche di rigore e di dogmatica austerità di bilancio si prova a spostare il pendolo verso politiche per gli investimenti, la crescita economica, l’occupazione. E il governo italiano è in prima fila e speriamo dalla parte giusta. Dopodiché la domanda diventa “quale crescita?”. Qual è lo sviluppo dell’economia e delle società europee oggi possibile e auspicabile? In quale direzione vanno orientati gli investimenti? Se il treno deragliato viene rimesso sugli stessi binari di prima finiremo per farci di nuovo male. Per uscire da questo intreccio micidiale di crisi – economica, sociale, ambientale – la via maestra per noi è quella di una vera svolta epocale, partendo dalla scuola e dalla costruzione di una vera classe politica e dirigenziale.
Fatemi aggiungere una breve considerazione sull’Italia. I vari Governi che si sono succeduti in questi anni hanno, a parole, impresso all’azione di governo il cambio di passo che forse ci voleva, ma con risultati poco concreti.
Al Governo e alla nuova classe politico-amministrativa che il 4 ottobre uscirà vincitrice alle elezioni comunali, chiediamo – proprio perché l’obiettivo è quello di tirar fuori l’Italia dalla crisi – di orientare la propria politica economica attorno a quella che più volte abbiamo definito come una via italiana alla green economy o per restare ai tempi “transazione ecologica”. Un’“Italia che fa l’Italia”, partendo dai territori, come amano gli Italiani. Un’Italia capace di innestare la rivoluzione dell’economia verde sulle proprie vocazioni, sul patrimonio di bellezza e civiltà, sulla qualità delle produzioni e dei territori da cui nasce la forza del Made in Italy. Questa deve essere la stella polare che orienta l’azione del governo da qui al 2026. Tanto più perché già oggi l’Italia – nonostante l’assenza di politiche pubbliche organiche e coerenti a sostegno della green economy – ha raggiunto risultati per molti versi inattesi. Questo ci dice quali straordinarie potenzialità può avere l’Italia. Se siamo riusciti ad arrivare fin qui nonostante l’assenza di adeguate politiche di sostegno alla green economy, proviamo a immaginare quali traguardi potremmo raggiungere se il governo facesse una scelta netta in questa direzione. L’Italia non è un Paese senza futuro. Abbiamo un’opportunità enorme da cogliere. Dipende da noi. In altri Paesi questa domanda di rappresentanza politica trova un riferimento prioritario, anche se non esclusivo, in partiti verdi e formazioni ecologiste. Lo confermano i risultati delle ultime elezioni europee in Germania, Francia, Inghilterra e in molti altri Paesi. In Italia la situazione è diversa. Dal 4 ottobre la palla passerà ai futuri amministratori, soprattutto quelli della capitale d’Italia e della sua Città Metropolitana, affinché le attuali generazioni e quelle future possano conoscere certezze quali crescita, stabilità, pace e sviluppo. Buon lavoro a tutti.
Associazione Culturale “L’agone Nuovo”
Il Presidente, Giovanni Furgiuele

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