Chissà se il guelfo agente di cambio Alighiero di Bellincione degli Alighieri, in quel lontano 1265 chiamò il proprio figlio Durante (Alighiero degli Alighieri) presagendo che quel figliolo, poi conosciuto più comunemente con il diminutivo di Dante, sarebbe diventato e rimasto immortale “nel corso dei” secoli; “nomen omen” parafrasavano i latini.
Padre della lingua italiana, Sommo Poeta internazionalmente riconosciuto, Dante Alighieri è stato senz’altro un precursore dei tempi, parlando a tutti con un linguaggio di prossimità e analizzando le pieghe dell’animo umano, prospettando l’espiazione come strumento di riparazione morale e tracciando nell’amore l’unica strada per elevarsi alla gloria celeste.
Nella sua Comedia filtra i vizi e le virtù degli uomini, metaforizzando la messinscena della vita di ognuno, ieri come oggi, e traguardando la sua unica possibilità di salvezza nella bellezza dei sentimenti più nobili.
Se ognuno si sapesse chiedere in quale girone fosse collocato per i propri peccati e se solo avessimo una guida che ci sapesse illustrare la via per “riveder le stelle”, amando e rispettando la propria Beatrice e “dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna”, ecco che quella commedia che è la vita assumerebbe un senso più alto, dandoci la possibilità di riscattare la nostra condizione mortale con un frammento di circoscritta, immortale dignità.
Sorrido, invece, pensando al sovraffollamento “dell’anime triste di coloro che visser senza ‘nfamia e senza lodo” nei gironi infernali incrementati dal sempre più incipiente decadimento dell’etica e della morale, propulsore del vizio quale rifugio al vuoto interiore.
Senza un onesto e coraggioso processo di revisione di noi stessi, continueremo, invero, a celebrare il Sommo Poeta senza conferire onore ai suoi propositi letterari e senza aver davvero compreso l’importanza di esser pronti a pagare in prima persona per la coerenza alle proprie idee, accettando anche l’esilio dall’omologazione.
Imbellettati tra proclami e cerimonie commemorative, facciamo memento della netta demarcazione tracciata da Dante nella Comedia, tra la pietà che suscita chi non sa gestire una passione facendo del male a sé stesso e l’inflessibile condanna per coloro che arrecano danno agli altri e alla società.
Raccontiamo ai nostri ragazzi le fiabe dell’amor cortese con il loro profumo di distinzione, buone maniere, bella presenza e quella ricerca fantasiosa dell’amore perfetto.
Qualcuno obietterà che sono argomenti retrivi, paradossali nell’era tecnologica ispirata alla mega velocità del 5G; lascivia, bramosia, egoismo, perseguimento del profitto, ipocrisia, anestesia affettiva; questi sono diventati gli uomini oggi, purtroppo, amato Sommo Poeta.
Mi sembra di vederlo, con postura autorevole nel suo abito di velluto cremisi, con quel suo naso adunco sul volto serio e malinconico, il suo alloro dai riflessi verdi di incorruttibile speranza, sorridere sornione al mio sconforto e declamare “non ragioniam di lor ma guarda e passa”.
Gianluca Di Pietrantonio