Tra testi, contesti e storie musicali legate ad un percorso artistico che ha segnato memorabili successi e che ha continuato a sapersi trasformare, con stile e tecnica, adeguandosi al cambiamento di tempi sociali e relazioni umane, nasce ed esce ora in tutti i negozi di libri e piattaforme online la biografia di un musicista che ha fatto parte con il suo gruppo e le loro canzoni di un immaginario collettivo legato alla produzione discografica degli anni Settanta ma che ha poi proseguito la sua strada asfaltandola con nuovi strategici incontri ed esperienze musicali.
Memorie di un capellone, edito da Iacobelli, racconta con le sue stesse parole e ricordi Gianfranco Caliendo, dal 1974 al 2012 voce solista, chitarrista e autore de Il Giardino dei Semplici, iconico gruppo pop prodotto da due dei più grandi autori della musica italiana, Totò Savio e Giancarlo Bigazzi, anche membri dei rinomati Squallor.
Con 14 album, oltre 2000 concerti e 4 milioni di copie vendute, la band ha mescolato la melodia italiana con molteplici influenze musicali e accompagnato generazioni di ascoltatori e di fan con hits come M’innamorai; Tu, ca nun chiagne; Miele; Vai; Concerto in La minore; Silvie; … E Amiamoci.
Unendo passione, sincerità e ironia, Caliendo – tra palcoscenici, cantine e studi di registrazione, ma soprattutto attraverso momenti vissuti insieme a personaggi che ne hanno scolpito il carisma, illustra con ironia e malinconia la sua storia di musicista e quella della formazione, all’interno di specifici ambienti musicali ed evocando, con episodi drammatici di vita vissuta, le molteplici contraddizioni dell’industria discografica. Dalla Napoli dei primi anni 70 fino al successo di Turuturu, interpretato dalla figlia Giada, dall’incontro con Pino Daniele alle più recenti avventure discografiche, Memorie di un capellone è un’autobiografia costellata di aneddoti mai rivelati prima e guidata, come la vita del suo autore, da un profondo amore per la musica in ogni sua forma. Un inserto a colori completa il testo del libro. L’opera gode della prefazione di Giorgio Verdelli.