Parla Arianna Giuffrida, giovane canalese, soprano alla Scala di Milano
Nel gergo musicale l’estensione del soprano è di circa due ottave. Come cambia la prospettiva se iniziamo a vedere le cose non più come esse ci appaiono, ma due ottave sopra? La pandemia, meglio di chiunque altro, ha permesso di riformulare le nostre priorità, e ha fornito la consapevolezza che tutto quello che dà colore e calore alla nostra vita è qualcosa che sta al di sopra dell’ordinario, del prestabilito e del programmato. La musica insegna che il senso delle cose risiede là dove non c’è ordine ma armonia, dove non c’è rumore ma suono, non ostacoli ma pause, non divisioni ma legature. Non è forse questo lo spirito del Natale? Comprendere che soltanto attraverso l’unione si crea armonia e imparare a guardare la vita due ottave sopra, per riuscire a osservare la vera essenza dei sogni. Sulla scorta di questo ho deciso di porre qualche domanda ad Arianna Giuffrida, soprano alla Scala di Milano, che è riuscita a fare di un sogno la sua realtà.
Uno dei sentimenti più ricorrenti che ha generato la pandemia è la preoccupazione, a cui si contrappone per una necessaria esigenza umana di sopravvivenza, la speranza. Le tue doti e il tuo impegno ti hanno portata da Canale alla Scala di Milano, per perfezionare una professionalità e coronare un sogno. Che ruolo ha avuto la preoccupazione nel tuo percorso di questi ultimi due anni di studio?
«Inizio col dire che entrare alla Scala era per me un grande sogno, estremamente difficile da raggiungere. Eravamo in 300 a voler entrare e dopo una settimana di audizioni, soltanto sette di noi ce l’hanno fatta. La gioia e la speranza di essere arrivati lì erano incontenibili, esattamente come la voglia di fare. Purtroppo il biennio di accademia di perfezionamento è coinciso con la pandemia. Al contrario di molti, ho avuto la fortuna di debuttare appena entrata con un’opera di Strauss, quindi interpretare a tutti gli effetti un ruolo. Tanti progetti ai quali stavo lavorando sono stati annullati e tutta la speranza che avevo messo, con la pandemia l’ho vista svanire sempre di più. La fortuna di essere lì, frequentare quegli ambienti, entrare in contatto con maestri tra i più importanti al mondo è stato comunque un grande privilegio, che mi ha permesso di ricevere tanto».
Stiamo riuscendo timidamente a “riveder le stelle” e il Natale torna a riprendersi cautamente la musica; lo abbiamo visto il 7 dicembre con la prima alla Scala. Come sarà il Natale artistico di Arianna e quali sono le emozioni che le accenderà?
«Il mio Natale sarà innanzitutto in famiglia, che considero prioritaria. Sono tornata a Canale, mio paese di origine, dove il 18 dicembre ho fatto un concerto interamente lirico, insieme a due ragazzi, molto giovani. Cantare là dove sono nata e dove tutto è iniziato è stata per me una grande emozione. Il messaggio che abbiamo voluto portare è stato principalmente testimoniare quanto la musica lirica sia vicina ai giovani e soprattutto fatta dai giovani».
Quali sono le prospettive che puoi vedere dall’alto delle tue due ottave superiori?
«Nel futuro più imminente spero che riusciamo tutti a uscire da questa situazione di pandemia, che ha costretto a numerose rinunce. Il desiderio più grande è quello di tornare a vedere le persone nei teatri e l’augurio che mi sento di fare è quello di continuare a inseguire i propri sogni, poiché è soltanto per questi che viviamo».
Ecco, l’umiltà e la passione nelle parole di Arianna sono la più bella espressione dello spirito del Natale.
Ludovica Di Pietrantonio