23 Dicembre, 2024
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A volte ci si può “orientare” solamente per sport

La disciplina protagonista a livello under 23 nell’area sabatina

Si chiama “orientamento” (quelli che amano sentirsi british lo chiamano “orienteering”) ed è una disciplina sportiva nata all’inizio del Novecento. Teatro degli albori la Scandinavia, dove orientarsi diventava (e diventa, ancora oggi) spesso una necessità. Si gareggia a piedi, sugli sci o in bicicletta, l’attrezzatura è differente, rimane intatto lo spirito del doversi spostare dal luogo “A” al luogo “C” passando per il luogo “B” con una cartina topografica e una bussola. Serve più intuito che fiato, più capacità mnemonica che altro. L’hanno scoperta, neanche poi tanto per caso, gli abitanti dell’area sabatina, che hanno visto sbarcare la nazionale italiana under 23 della specialità per un camp durato cinque giorni, dall’8 al 13 febbraio. Coordinati da Stefano Raus e Verena Troi, che hanno trovato il supporto di tecnici e società locali, gli azzurrini a Bracciano, Cerveteri, Roma e Anguillara hanno svolto allenamenti per la categoria “sprint”, mentre la faggeta di Manziana, Monte Musino e la Macchia della Signora (Ladispoli) sono state aree di competenza per quanto riguarda la foresta. Tre allenamenti al giorno, intervallati da incontri con gli studenti delle scuole di zona e con le autorità locali, utili per “cementare” la “squadra” e per lavorare sulla parte fisica con addestramenti differenziati; e in più i cosiddetti “mass start”, con corsa sull’uomo per aumentare il ritmo. Per la cronaca, la Federazione italiana sport orientamento è associata al Coni, ha oltre un quarto di secolo di vita, ha un comparto paralimpico e conta poco più di novemila tesserati.
Cristina Chiacchietta

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