Sono ormai diversi anni che la scuola media Corrado Melone, nelle persone del suo dirigente scolastico prof. Riccardo Agresti e della sua più prossima collaboratrice, prof.ssa Stefania Pascucci, mi ospitano in nome e per conto de L’Agone per condividere con i ragazzi dell’intero ciclo scolastico tematiche a loro così prossime, come i rischi e i pericoli sottesi nello sconfinato e affascinante Web e tutto ciò che ne consegue avventurandovisi senza cautele.
Gli incontri con gli adolescenti, che avvengono nell’accogliente aula teatro dell’istituto nell’alternanza di due classi alla volta in ragione della prudente osservanza delle misure imposte dal Covid, restano per me un’esperienza di inquantificabile valore emotivo: senza distinzione alcuna, pur diversificando le tematiche e le argomentazioni in relazione ai tre diversi gradi scolastici, l’effetto di ritorno di ogni incontro ha il denominatore comune dell’appagamento di chi si rende conto di aver lasciato qualcosa ma portato via molto di più.
Centinaia di volti attenti e di occhi curiosi, con un’attenzione imbarazzante per ragazzi di quell’età, comunicano il loro interesse e la loro gratitudine per quel sapere di studio e di esperienza che gli metto a disposizione; le loro domande pertinenti, la serietà adulta con cui partecipano e interagiscono, sono sì certamente indice di una scuola magistralmente funzionale che li ha abituati a stimoli extra didattici ma anche l’evidenza di quanto quei giovani progetti di donne e uomini abbiano sete di sapere, di ascoltare ma soprattutto di essere ascoltati.
Quando le esposizioni (che spaziano dall’illustrazione delle insidie della rete alle ragioni psicologiche che ci spingono verso il fascino dello sconsigliato, dalla cronaca alle esperienze dirette, da accenni normativi a curiosità psico-biologiche) toccano tematiche quali il pregiudizio, il razzismo, la propensione all’odio, agli eccessi e agli abusi, è evidente che si percorrono tematiche che sentono se non appartenergli, comunque loro vicine, essendone infarcite gran parte delle loro propensioni.
Si analizzano quella moltitudine di video giochi e applicazioni per smartphone ad alto contenuto di violenza, quei generi musicali infarciti di rabbia e messaggi di cattiva ribellione espressi da pseudo artisti che brandiscono armi e droghe, divulgano irriverenza e strafottenza diventando idoli scriteriati di masse imberbi; e ancora serie televisive discutibili che promulgano brutalità e cattivi propositi nella completa (o quasi) insensibilità di un mondo adulto altalenante tra cinismo e distrazione.
Eccoli, allora, incantati di fronte alla possibilità di valutare i risvolti, le trappole, le insidie di quel lustrore accecante ma anche rischiarati dalla luce chiara dell’alternativa: l’amore e le sue declinazioni anziché l’odio, il confronto con il diverso piuttosto che la rigidità del pregiudizio, la concretezza del reale contrariamente al vagare incerto del virtuale, la prospettiva della creatività da sostituire a quella della manipolazione.
Un’ora e mezza (questo il tempo di ogni incontro) durante la quale non si va contro qualcuno o qualcosa ma piuttosto a favore della consapevolezza: quella dell’uso di strumenti a loro molto cari, come gli smartphone ma, aspetto ancor più affascinante, della cognizione di sé stessi.
Forse proprio quest’ultimo aspetto li entusiasma così tanto da non voler andar via al termine del tempo concesso, sotto gli occhi sorpresi e soddisfatti dei loro insegnanti che probabilmente non rimpiangono di aver sacrificato quell’ora di lezione. Tuttavia, ancora una volta, l’insegnamento più alto dovremmo prenderlo proprio noi adulti poiché come sostenne Papa Giovanni XXIII “Molti oggi parlano dei giovani; ma non molti, ci pare, parlano ai giovani”.
Gianluca Di Pietrantonio, criminologo forense