Nei “conviviali” di rito, sono quasi tutti pronti a ricordare che a scuola erano bravi a scrivere, e che per questo avrebbero potuto fare i giornalisti, anche se poi hanno preferito lo stipendio sicuro da impiegato; ma alla prova dei fatti quella capacità di scrittura ci si rende conto che non evidenzia il chiacchiericcio di chi lo ostenta. Oppure tutta quella verve raccontata è svanita nel tempo di un amen. Ma qui, stavolta, parliamo di gente che ha scelto la “comunicazione”.
Ebbene, non c’è comunicato stampa che arrivi in redazione dove l’errore non sia protagonista, e il colmo è che spesso quella svista arriva da “comunicatori” che rappresentano enti o istituzioni blasonate. Oggi mancano i maestri, quelli che insegnavano il mestiere, svaniti nel nulla con le crisi economiche, la fretta e quel bisogno smisurato di dover pubblicare subito – costi quel che costi! – la notizia prima di altri.
Nei giornali è scomparsa la figura del proto, così come quella dei correttori di bozze. Costano troppo, secondo chi ha la gestione della cassa. Eppure gli esempi di accortezza e capacità di andare oltre le ovvietà non mancano. In Sardegna, nella redazione di un quotidiano locale, fino a qualche stagione fa la sera si presentavano tre pensionati che, praticamente solo per passione, leggevano il giornale che stava per andare in stampa e correggevano sviste e svarioni. Dettate a volte dalla fretta, altre dall’ignoranza. Venivano pagati un soldo di cacio, quei tre anziani, ma non interessava loro il vil denaro, volevano più semplicemente che il giornale della loro terra diventasse un esempio per i giovani. Del resto, il primo insegnamento che si elargisce agli studenti per far imparare loro la lingua, è o non è quello di “leggere il giornale”? Beh… è un insegnamento che servirebbe oggi più che agli studenti, a chi si sente arrivato e pensa di saper comunicare perché a scuola scriveva bene.
Massimiliano Morelli