22 Novembre, 2024
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La violenza è una mancanza di vocabolario

In Italia il termine femminicidio compare solo con il D.L. del 2013

La violenza è una mancanza di vocabolario. Spesso questo aforisma è stato usato per condannare il femminicidio. Il termine apparso per la prima volta nel 1801 acquisisce il senso di reato giuridicamente perseguibile nel 1848 e nel 1990 il suo attuale significato: “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.

Ma solo nel 1997 a opera dell’antropologa María Marcela Lagarde y de los Ríosa, viene associata la portata sociale e culturale che lo sottende: «Per fare in modo che il femminicidio si compia nonostante venga riconosciuto socialmente e senza perciò provocare l’ira sociale, fosse anche della sola maggioranza delle donne, esso richiede una complicità e un consenso che accetti come validi molteplici principi concatenati tra loro: interpretare i danni subiti dalle donne come se non fossero tali, distorcerne le cause e motivazioni, negarne le conseguenze. Tutto ciò avviene per sottrarre la violenza contro le donne alle sanzioni etiche, giuridiche e giudiziali che invece colpiscono altre forme di violenza, per esonerare chi esegue materialmente la violenza e per lasciare le donne senza ragioni, senza parola, e senza gli strumenti per rimuovere tale violenza».

Le concause

Questo intenso passaggio condensa una serie di concause che hanno permesso alla categoria criminologica individuata nel 1848 di non corrispondere a uno strumento giuridico adeguato ed efficace per decenni. in Italia, il termine femminicidio compare nell’ordinamento giuridico solo con il D.L. del 2013 (poi L. 15/10/2013, n. 119), ma l’ordinamento penale italiano non prevede il femminicidio né come fattispecie autonoma di reato né come aggravante e, il fatto che la legge del 2013 si estenda a fattispecie e casistiche tra loro molto diverse, ha dato origine a molte critiche.

L’aspetto socio-culturale

Se l’aspetto giuridico del problema è importante, non di meno lo è quello sociale e culturale, perché è vero che la famiglia patriarcale esiste ancora, ma certamente non è l’unico o il prevalente modello familiare e neanche il solo capace di generare violenza.

Molte, le iniziative di sensibilizzazione e denuncia avviate nel mondo. Dall’istituzione del 25 novembre come giornata internazionale contro la violenza sulle donne alle “Scarpe rosse”, simbolo di femminilità tinto di sangue. Dello stesso colore la “panchina rossa”, che simboleggia il posto di ogni donna che non c’è più. E ancora, il “muro delle bambole”, derivato dalla tradizione indiana. Un muro delle bambole è stato inaugurato anche a Manziana il 3 aprile, ma poiché attorno a ogni vittima c’è una comunità che non può dimenticare il proprio ruolo nei riguardi degli individui che la compongono, “L’agone nuovo” ribadisce il suo impegno per la costruzione di una rete territoriale a favore dell’inclusione e della solidarietà, per il riconoscimento delle diversità e lo sviluppo armonico e positivo di ogni persona.

Monica Sala
Cda L’agone nuovo

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