Dobbiamo ringraziare Maria Delfina Tommasini per aver
scritto un romanzo che tratta un tema poco conosciuto. Il progetto
Lebensborn fu ideato da Heinrich Himmler alla fine del
1935, e ampliato con l’inizio della guerra, per aumentare la
popolazione ariana in germania e ovviare al problema della
bassa natalità nel paese. Un programma micidiale con il rapimento
di migliaia di bambini che dovevano essere germanizzati
e l’uccisione di coloro che non rientravano negli
standard previsti. È questo il nucleo attorno al quale ruotano
i tanti eventi di questo romanzo storico denso di azione e sentimenti.
Dolore, speranza, amore, tradimento, abbandono,
sorpresa e mistero, come quello annunciato nel prologo.
La storia inizia nel 1940 in Norvegia dove, dopo l’invasione
da parte della germania, si vive male visto che oltre ai nazisti
tedeschi ci sono quelli norvegesi, altrettanto crudeli, disumani,
spietati. L’autrice ci presenta Britt e astrid, e racconta
con grande tenerezza e intensità un’amicizia vera, quella che
non giudica, che non si arrende davanti agli ostacoli e che
dura tutta la vita. Il fratello e il padre di Britt fanno parte della
resistenza mentre astrid, che non ha il padre, vive in condizioni
economiche disagiate.
Tutto comincia quando il padre di Britt invita a cena due
soldati norvegesi del National Samling, il governo collaborazionista
di Vidkun Quisling, e due ufficiali tedeschi, per carpire
loro informazioni utili alla resistenza. In seguito l’uomo
chiede al figlio Erik di informare i ragazzi che si trovano sui
monti di quanto è riuscito a scoprire durante la cena e Britt
lo accompagna con gli sci fino a un certo punto per poi tornare
indietro. È proprio adesso che la ragazza rivede il capitano
delle SS Mark che ha conosciuto durante la cena a casa
sua. Si stupisce nel constatare che è un uomo sensibile e gentile,
un musicista colto e raffinato. Dunque, pensa la ragazza,
anche il nemico può avere lati umani e nei successivi incontri
si rende conto di avere con lui molte passioni in comune:
l’arte, la musica, il cinema.
Nel frattempo Erik ha dei contrattempi che ritardano il
compimento della sua missione e il ritorno a casa. La sua assenza
viene notata e i nazisti cominciano a sospettare di lui.
Britt teme per la sorte del fratello e anche per olav, il compagno
di scuola che le piace da tempo, misteriosamente scomparso.
gli appuntamenti segreti tra Britt e il nazista Mark portano
a un amore proibito che avrà conseguenze inaspettate e naturalmente
a una serie di domande e dubbi. Ci si può innamorare
di un nemico? Di qualcuno che pur essendo diverso
dai suoi compagni aguzzini fa parte di un esercito che porta
orrore e morte? Quali sono i pensieri di Britt? Quali le sue
paure?
Da questo momento la storia ci travolge con una serie di
eventi e colpi di scena che riguardano la scomparsa di olav,
l’attività partigiana di Erik e del padre, l’angoscia di Britt che
aspetta un bambino, l’amicizia sincera e comprensiva di
astrid che, a sua volta, ha trovato l’amore. E mentre la guerra
incalza, si apre il capitolo del programma Lebensborn in cui
Britt si rifugia fiduciosa.
Maria Delfina Tommasini ci fa scoprire cosa accade in
quelle cliniche, come finiscono le madri e i bambini, come
cambia il loro futuro. Una realtà poco esplorata dai romanzieri,
soprattutto quella norvegese. Nel paese vennero aperti
dal 1941 diversi centri Lebensborn dai quali alla fine della
guerra uscirono circa novemila bambini con madre norvegese
e padre tedesco. L’intenzione di Himmler era quella di trapiantare
in germania donne nordiche che, più delle tedesche,
soprattutto di quelle del sud, corrispondevano alle caratteristiche
razziali volute. Molti bambini norvegesi, rapiti, portati
in germania e poi dati in adozione, sono cresciuti senza conoscere
la loro vera identità. Nel dopoguerra i piccoli nati
nelle cliniche del Lebensborn furono considerati gli orfani del
disonore, privati del diritto di cittadinanza e messi al bando,
mentre le madri erano ritenute traditrici e prostitute.
Riprendendo la trama del libro, in cui fino a un certo punto
la storia è intervallata da brani del diario di Britt, il tempo
corre veloce e il lettore è coinvolto emotivamente in quello
che accade alla protagonista e alla sua famiglia. Subentra un
nuovo personaggio, Inga, figlia di astrid ed Erik, che vuole
scoprire cosa sia accaduto alla zia Britt e in che modo la sua
famiglia abbia partecipato alla resistenza.
È a lei che l’autrice passa adesso il testimone e noi la seguiamo
mentre frequenta l’università e, appassionata d’arte,
anche l’accademia di pittura, lavorando contemporaneamente
in una radio. attraverso l’intervista a una cantante,
Inga scopre la terribile realtà del Lebensborn e, pur con il
cuore spezzato da un amore infelice, decide di indagare insieme
agli amici Kaspar e anja sul micidiale progetto nazista.
ancora non sa che le vere sorprese sconvolgenti riguardano
proprio il suo passato.
Le ricerche portano Inga in germania e all’incontro con
una donna che risolve gran parte dei suoi dubbi ma apre
un’altra porta sull’orrore nazista: gli esperimenti sui bambini
del medico Josef Mengele.
È il momento di tornare al prologo in cui Inga, diventata
un’affermata pittrice, si trova con Kaspar a Roma, nella cappella
Sistina. Il breve colloquio con una donna appassionata
d’arte la spinge a riprendere le ricerche sul suo passato che si
concludono in modo sorprendente a Firenze.
Il romanzo, che appassiona dalla prima all’ultima riga, è
frutto di intense ricerche dell’autrice che, come in altre opere,
ha la capacità di fare entrare il lettore nei luoghi descritti mirabilmente
in ogni dettaglio, nella mente dei personaggi, nelle
atmosfere dell’epoca. Se pur breve e lineare, è un’opera corposa
con un susseguirsi di eventi apparentemente inspiegabili,
di sentimenti contrapposti, di verità taciute per molto
tempo, di destini che si incrociano percorrendo strade diverse.
Il finale è la giusta conclusione dell’impegno di Inga (e naturalmente
dell’autrice del romanzo) nel far rivivere la memoria
delle donne del Lebensborn e dei loro figli: il primo ministro Erna Solberg nel 2018 ha parlato delle circa cinquantamila
ragazze norvegesi che, durante l’occupazione nazista,
si innamorarono di soldati o ufficiali tedeschi ed ebbero
dei bambini con loro. Dopo la liberazione furono discriminate
e perseguitate, per questo il governo ha ufficialmente chiesto
scusa a quelle donne e ai loro figli.
Prefazione di Cinzia Tani