Nel pieno dei venti di guerra scatenati dall’invasione russa dell’Ucraina, quali sono i paesi più pacifici e quali quelli meno pacifici? Una graduatoria del genere esiste e la redige ogni anno, da 16 anni, l’Institute for Economics and Peace di Sidney – IEP (Australia). Il Global Peace Index (GPI) è stato presentato a Roma, per la prima volta in Italia, da Archivio Disarmo, l’istituto di ricerche specializzato sui temi della pace e del controllo degli armamenti.
In seguito ai due grandi shock della pandemia da Covid e del conflitto in Ucraina, l’Indice della pace è sceso al livello più basso degli ultimi 15 anni. Serge Stroobants, direttore per l’Europa dello IEP osserva: “L’elemento più rilevante che emerge dal Rapporto di quest’anno è il continuo deteriorarsi dell’Indice della pace, che nel 2021 è peggiorato dello 0,3% rispetto all’anno precedente. Nonostante il peggioramento sembri piccolo, in realtà il 2022 è l’undicesimo di una sequenza di anni negativi. Il dato risente del conflitto in Ucraina, i cui danni però si sentiranno nei prossimi mesi, come la crescita dell’insicurezza alimentare e l’aumento dell’inflazione. A fronte del miglioramento di un certo numero di Paesi, la maggioranza registra un netto peggioramento, il che evidenzia che è molto più facile che la pace nei vari paesi si deteriori più velocemente di quanto migliori”.
Facendo un bilancio tra i pochi aspetti positivi (come gli attacchi terroristici che diminuiscono) e i molti negativi (come le relazioni tra paesi vicini che sono difficili, il numero di rifugiati che aumenta, l’instabilità politica che non ha tregua), non meraviglia che nel 2021 l’impatto economico della violenza sia stato di 16 trilioni e mezzo (16.000 miliardi e 500 mila) di dollari, con un costo pro capite di 2,117 dollari per ogni abitante della terra.
Sottolinea Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo: “L’Indice della pace globale elaborato da IEP, in Italia non è ancora conosciuto quanto merita. Individuare le aree più critiche nel mondo è un dato che, per esempio, sarebbe stato cruciale per affrontare con consapevolezza la guerra civile nel Donbass. È strumentalizzando quella situazione conflittuale che Putin ha invaso l’Ucraina”.
In conclusione, maggiore è la potenza di uno Stato, maggiore è la sua responsabilità nell’attuazione di una politica di pace. In questo le superpotenze in carica (come gli USA) o demansionate (come la Russia) o in pista per il primato (come la Cina) non danno il buon esempio. Nella graduatoria dell’Institute for Economics and Peace, su 163 paesi gli Stati Uniti si classificano al 129° posto, mentre la Russia è terz’ultima al 160°. Un po’ meglio fa la Cina che si piazza all’89° posto. E gli europei? Mediana la posizione della Francia (sessantacinquesima), buona quella dell’Italia (trentaquattresima), più che buona quella della Germania (sedicesima). Tuttavia l’interrogativo è: fino a quando? In seguito all’invasione dell’Ucraina, i paesi che come la Germania e l’Italia dedicavano meno del 2% del PIL si sono impegnati a conseguire questo traguardo. Qualcosa che, se attuato, porterà il nostro e altri Stati europei ad allinearsi alla corsa agli armamenti che sta per riaccendersi, apparentemente incontrollabile, a livello continentale e globale.