24 Novembre, 2024
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L’importanza dei cammini per vivere le montagne 

L’importanza dei cammini per vivere le montagne è il titolo della quarta e ultima sessione del forum di Greenaccord. Ultima perché conclusiva, ma centrale per il ruolo che il cammino riveste nella comunicazione e nella percezione della montagna, esattamente come avrebbe detto anche oggi Papa Luciani.

“Negli ultimi anni, stanno purtroppo giungendo a maturazione una serie di processi che si identificano poi nell’inesorabile crollo demografico, drammatico, della nostra provincia. Questo, è evidente, apre a scenari inediti e mette in luce il momento di contrasto politico che non aiuta la ripartenza dei luoghi marginali: oggi siamo all’interno di un sistema continentale, abbiamo inglobato il conflitto locale tra la montagna e la pianura in uno più generale che vede contrapposte le zone rurali agli insediamenti metropolitani, con il rischio di perdere anche il dialogo territoriale”. È Andrea Bona, assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici del comune di Feltre, ad aprire la sessione domenicale dal Santuario Vittore e Corona sulla costa a strapiombo del monte Miesna, di fronte alle Dolomiti feltrine. Accogliendo i giornalisti che hanno percorso a piedi, come i pellegrini, il tratto di strada che dalla frazione di Anzù sale ripido al Santuario, Bona sottolinea come “la legge Delrio dimostra che il taglio di risorse alle autonomie locali ha accelerato lo spopolamento della montagna e l’abbandono dei giovani”, segnalando che oggi abbiamo bisogno di ripristinare un “collegamento tra le realtà che sono scollegate, un regime di comprensione e di collaborazione tra la realtà montana e la pedemontana, e di riscoprire il messaggio di Albino Luciani”.

Davide Demichelis, giornalista famoso per i suoi reportage televisivi su natura, temi sociali e di viaggio,  autore e regista per Rai 3, camminatore e sportivo, presenta questa sessione sui cammini passando la parola a un mostro sacro come Paolo Piacentini: uno dei maggiori esperti italiani di cammini, fondatore e già presidente di Federtrek, da sempre promotore con le sue attività della filosofia del cammino, sia quello della quotidianità sia quello più tecnico e specifico del trekking, una delle forme più importanti di turismo e di sviluppo sostenibile delle Comunità.

“La storia del camminare è una delle costellazioni della cultura umana ed è composta da 3 stelle: il corpo la fantasia e la libertà – inizia Piacentini, citando la giornalista californiana Rebecca Solnit e il suo Storia del camminare, riedito da Ponte alle Grazie, libro cult dei camminatori – perché il corpo, camminando, attraversa i territori e produce cultura, e la filosofia nasce in cammino, e quindi camminare è un gesto di libertà e liberazione”. Secondo Piacentini, che ha lavorato sui cammini per il ministero dei Beni culturali e del Turismo, dobbiamo tenere viva questa costellazione della natura, della storia umana, continuate l’itinerario percorso nel tempo da filosofi poeti, marciatori. “A un certo punto, le possibilità e i mezzi per viaggiare si sono ampliati e l’uomo ha tradito questo gesto naturale, ha smesso di conoscere il mondo camminando. Oggi c’è un grande recupero da questo punto di vista, e comunque dobbiamo sempre imparare, anche dalla storia più recente, vantaggi e criticità delle trasformazioni in corso”. Piacentini si riferisce concretamente al turismo legato alla lentezza, ma anche alla qualità degli altri aspetti che si esprimono sul territorio, per non cadere nella trappola di curare un solo aspetto in una sorta di monocultura che ripete i ben noti disastri delle monocolture agricole: “pensiamo al fenomeno forte e singolare del cammino di Santiago, che non ha superato indenne la crisi pandemica: era praticamente il Pil della Galizia, ma per due anni ha visto un drastico annullamento di presenze. Nessun settore può essere indifferente alla diversificazione, anche il turismo lento ha avuto i suoi arresti insegnandoci che la rinascita e il ripopolamento delle comunità e dei sistemi territoriali non parte dal turismo ma dall’evoluzione socioeconomica e culturale della popolazione residente”. Cosa si mangia e cosa si produce sul territorio, quali servizi ecosistemici e ambientali vengono forniti alla collettività, come si conosce e si percepisce il valore locale, quanto si promuove l’agroecologia, come si coltiva un turismo che attraversa le comunità nell’ottica sempre più consapevole che camminare in quel territorio determina un beneficio e al contempo una visione che si evolve con lo stesso ritmo del cammino, lento e ponderato. Ma stabile.

L’esempio del Cammino degli dei, da Bologna a Firenze, partito in sordina e grazie ai movimenti locali – oltre che a un turismo più evoluto che lo ha alimentato – è oggi veicolo di microeconomie importanti riconosciute da tutte le amministrazioni coinvolte e si configura come modello del cambio radicale di percezione del territorio tra chi fruisce e chi accoglie.

“Camminare nei luoghi dove la montagna soffre – conclude Piacentini – vivere in prima persona l’emergenza continua in cui viviamo, è l’approccio più giusto per coltivare responsabilità e consapevolezza. Non è la paranoia momentanea di chiudere tutto, non è l’illusione di avere, soprattutto in montagna, pericolo zero, che ci aiuterà a ridurre i rischi. Sarà invece il rapporto di conoscenza profonda e di dialogo con il territorio”.

La stampa oggi ha un nuovo obiettivo, raccontare in modo diverso, senza usare il target narrativo del turismo classico, il nuovo rapporto città montagna. Il ruolo dell’informazione è di creare collegamento, di informare sulla reciprocità che si realizza se sulla costa arrivano i benefici e i servizi della montagna.

Sollecitato da Demichelis, infine Piacentini riferisce di far parte “di un gruppo di lavoro che sta studiando un cammino che va da Venezia alle Dolomiti, un cammino dedicato a Giovanni Paolo I” e per questo manifesta l’auspicio “che tale progetto sia definito celermente”.

Marco Zabotti, giornalista esperto di comunicazione e direttore scientifico dell’istituto diocesano Beato Toniolo di Pieve di Soligo (Tv), che ha come punto di riferimento la figura e l’opera del grande sociologo ed economista cattolico Giuseppe Toniolo, riferendosi a quanto annunciato da Piacentini  dichiara di essere ben lieto che “si stiano muovendo importanti decisioni sulla preparazione di un cammino dedicato a Giovanni Paolo I: un itinerario che coinvolgerebbe Belluno e le Dolomiti di Albino Luciani, fino a Venezia, mettendo insieme punti fondamentali di questa area che tocca anche il territorio Unesco di Conegliano e Valdobbiadene. D’altronde, esiste già l’esperienza vincente del cammino dedicato a Papa Giovanni XXIII e quindi questo nuovo percorso sarebbe in linea con quanto già presente in Veneto”. Così Zabotti aggiunge chiavi di lettura ai possibili vantaggi e alle trasformazioni che si possono innescare grazie a un nuovo sistema di territorio: “Le vie dei Santi è una mappa, un percorso che si inserisce in una dinamica nuova del rapporto con il territorio: la fede e il radicamento di popolo, l’equilibrio e l’armonia di paesaggio. La montagna ha bisogno di amici, affiancamento e condivisione, e le due diocesi di Feltre Belluno e di Vittorio Veneto stanno dimostrando come si può fare a costruire la consapevolezza nuova su un patrimonio complesso che sia di tutti”.

Ispirandosi al beato Giuseppe Toniolo – docente di economia politica e leader del movimento cattolico, che ha saputo fare sintesi di fede e vita ed è sepolto nel duomo di Pieve di Soligo per la sua volontà di essere presente tra la sua gente – 5 anni fa è nato l’istituto diocesano Beato Toniolo sulla base del percorso ecclesiale, culturale e sociale realizzato dal Comitato diocesano. “Per fare rivivere un territorio – chiarisce Zabotti – è necessario mettere in rete le attività possibili con i soggetti economici presenti e con l’animazione potenziale realizzabile, appoggiandosi anche alle associazioni e ai volontari che, ad esempio, aprono le chiese tutto l’anno, sostenendo il rilancio della cooperazione sull’offerta turistica”. E poi conclude, per i giornalisti: “Comunicare non è esibire ma ritrovare il senso della comunicazione di quello che siamo, raccontare qualcosa che oggi può fare notizia diversamente da ieri: costruire la solidarietà vera fra le persone è la forza d’urto”.

Cambiare la comunicazione sui cammini, raccontando i territori sulla scorta di una nuova forma di notiziabilità, apre le porte al giornalismo lento e incisivo, che sta sopra la notizia perché la tiene e la approfondisce. Nella nuova narrazione, il camminatore non è turista ma persona, che attraversa il territorio e mentre si sposta fa crescere intorno la consapevolezza di come questo debba essere curato. Il turismo arriva dopo, sono gli stessi residenti che attraversano per primi il luogo in cui vivono riabitando il paesaggio e ritrovandosi Comunità.

La comunicazione ha il compito di indirizzare il trend di crescita verso il turismo responsabile, consapevole, che aiuta la ricomposizione, la connessione tra tutti i tasselli che non si sono mai persi e aspettano di essere connessi.

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