27 Dicembre, 2024
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Separazione e figli, aspetti psicologici, parla Adelia Lucattini

Separazione, un momento difficile e molto doloroso, sia per i coniugi che decidono di chiudere la loro relazione e il loro rapporto d’amore, sia per i figli che devono vivere questo cambiamento della forma della loro famiglia e la “separazione” tra i loro genitori, visti insieme e uniti per anni, sotto lo stesso tetto, nel loro nido familiare. Come comportarsi dunque in queste situazioni? Quali sono le più comuni reazioni dei figli di genitori separati? Come è possibile attenuare in questi casi la loro sofferenza? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalitycal Association.

Come si sentono i figli di genitori separati?
La separazione dei genitori suscita sempre emozioni forti per i figli, a volte difficili da decodificare e comprendere: dispiacere, incredulità, rabbia. Talvolta, accompagnati da senso di colpa, imbarazzo e vergogna. In alcuni casi, se il rapporto tra i genitori è stato ed è molto conflittuale, se assistono o subiscono violenze psicologiche e maltrattamenti, si sentono sollevati. Capita comunque, in ogni situazione, che si schierino con il genitore (la madre o il padre) percepito come più fragile, in difficoltà, bisognoso di sostegno e aiuto, più povero, più sacrificato.

Alcuni figli sentono la separazione come una vera e propria perdita. La perdita dei genitori come coppia genitoriale o di uno dei due, soprattutto del genitore con cui non vivono.

Specialmente nel primo periodo si sentono tristi e diversi dai loro amici. Il cambiamento della loro vita li fa sentire un po’ “sperduti”, soli, come se nessuno potesse comprendere il dramma che stanno vivendo.

Per quanto i genitori possano essere capaci di gestire la situazione e siano dei buoni genitori che come coppia non hanno funzionato, la sofferenza dei figli non è evitabile, però può essere resa sopportabile.

Secondo lei, come vivono la separazione?
I bambini fino a tre anni, si adattano più facilmente per il loro funzionamento mentale e poiché ancora il legame con la mamma è più intenso. Dai tre ai sei anni possono manifestare una “regressione” ovvero hanno reazioni e comportamenti tipici di bambini più piccoli, come se inconsciamente tornassero al periodo precedente in cui si sentivano più sicuri e protetti. Al tempo stesso, si difendono dal dispiacere e dal dolore della separazione attraverso una richiesta di cure, attenzioni maggiori come accade nelle situazioni traumatiche.

Fino alla preadolescenza (11-12 anni) sono frequenti fantasie di riconciliazione e richieste ai genitori di tornare insieme, soprattutto se nel frattempo, non hanno un altro partner e altri figli.

I figli adolescenti hanno più frequentemente reazioni depressive che si manifestano o con chiusura e ritiro in sé stessi o con un’oppositività esplosiva che non va scambiata con la normale “ribellione adolescenziale”. La depressione, inoltre, porta sovente ad un calo del rendimento scolastico.

Possono subentrare disturbi d’ansia, oltre che reazioni di rabbia?
Si certamente. I disturbi d’ansia possono essere legati al timore dell’abbandono, alla perdita delle abitudini familiari, della sana routine di cui hanno tanto bisogno i bambini e gli adolescenti, poiché li aiuta a strutturarsi mentalmente e a contenere eccessive oscillazioni dell’umore, impedendo che interferiscano negativamente sul loro sviluppo e sul loro benessere.

È noto che i bambini sono abitudinari, questo perché il ripetersi quotidiano degli avvenimenti e l’ “esserci” dei genitori accanto a loro con costanza, fa interiorizzare la loro presenza, quella che in psicoanalisi è chiamata “costanza dell’oggetto”, ovvero che il genitore (l’oggetto) è sempre presente nella mente e nel cuore del bambino, facendolo sentire sicuro, capace di sopportare la normale assenza durante il giorno quando ognuno si dedica alle proprie attività, i piccoli a scuola, i grandi al lavoro o a casa.

L’ansia può associarsi alla rabbia verso persone, oggetti, situazioni. La rabbia è una reazione naturale quando si sente di aver subito un’ingiustizia, e i figli sentono ingiusto nei loro confronti che i genitori si separino. Ciò accade spesso, perché non sono in grado di comprendere le ragioni e anche perché hanno bisogno di essere al centro della vita e dei pensieri dei genitori, finché con l’adolescenza non svilupperanno il desiderio di essere autonomi e indipendenti.

L’ansia, la depressione e la rabbia possono portare a reazioni forti, a capricci, disobbedienza, opposizione o a somatizzazioni, isolamento e difficoltà ad applicarsi nelle proprie attività, a scuola e nello sport, a mantenere dei buoni rapporti con compagni e amici.

La separazione di due coniugi può influire sull’autostima dei propri figli?
Non necessariamente, dipende da più fattori: da come i figli si sentissero prima della separazione, dalle dinamiche familiari successive alla separazione e dai fattori “protettivi” presenti o che entrano in gioco nelle varie fasi del lungo processo che ha portato alla separazione dei genitori. Infatti, le separazioni di solito non avvengono all’improvviso, “out of the blue”, dal nulla. Una bassa autostima si può manifestare quando i figli si sentono colpevoli per quanto accaduto, come se non fossero stati in grado di tenere i genitori uniti e la famiglia insieme, oppure se hanno fantasie depressive, inconsce, di aver fatto qualcosa di male o di essere stati “cattivi”.

È indispensabile che i genitori si assumano la responsabilità delle proprie azioni, che dicano chiaramente che quanto è accaduto dipende esclusivamente da loro stessi, che rassicurino i figli di qualunque età, che non c’entrano e che nulla è collegato a qualche loro mancanza. È importatnte specificare a separazione dipende esclusivamente dalla relazione tra i genitori ed è totalmente indipendente dai figli, dal rapporto che hanno con loro, dalla loro presenza, dal loro essere venuti al mondo.

Quando un bambino si sente abbandonato?
Se escludiamo le situazioni di reale abbandono in cui per volontà di un genitore o per necessità (ad esempio un trasferiemento per lavoro in un’altra città o il ritorno nel proprio paese di origine), i figli si sentono abbandonati quando è chiesto loro di schierarsi con uno dei due genitori, soprattutto nell’età dell “latenza” (dai 6 ai 12 anni). In questi casi, si crea il cosiddetto “conflitto di lealtà”.  Poiché, i bambini non hanno ancora raggiunto una sufficiente differenziazione psicologica dai genitori e non hanno una personalità adeguatamente “strutturata”, hanno difficoltà a relazionarsi liberamente con i propri genitori, quindi, schierarsi con l’uno significa tradire l’altro, deludere entrambi, soffrire tutti.

Come è possibile attenuare la loro sofferenza dopo la separazione?
I genitori devono dimostrarsi affidabili, presenti, organizzati, capaci di adattarsi alla nuova situazione senza far ricadere sui figli il proprio dolore, la delusione e il dispiacere per la perdita della propria vita coniugale. É importante che garantiscano loro una “base sicura”, come ci insegna lo psicoanalista Bruno Bettelheim, un luogo fisico e mentale in cui si sentano al riparo, protetti, “custoditi” dai propri genitori sempre anche se con nuove modalità, in due abitazioni diverse, con visite cadenzate, vacanze separate e tutto quello che una separazione coniugale con figli comporta.

I genitori devono garantire oltre all’affetto naturalmente “dovuto” ai figli, anche un’organizzazione e una gestione della vita dei loro figli prevedibile, costante, regolare, certa, possibilmente con il minor numero di spostamenti sia fisici che di orari.

Cosa è utile consigliare ai genitori per i propri figli, che affrontano il momento doloroso della separazione e che sono così “costretti” ad accettare questa loro decisione?
Innanzitutto, parlare con loro e spiegare quello che sta accadendo con sincerità anche se i bambini sono piccoli. I figli sentono perché ascoltano e perché percepisco le emozioni dei genitori. Inoltre, esiste la comunicazione inconscia, attraveerso la proiezione (trasmissione) delle proprie emozioni per quanto si tenti di controllarle o dissimularle.

 La verità è di per sé terapeutica, certamente va detta con tatto e garbo, cogliendo il momento giusto, scegliendo con cura il momento in cui dirla. Deve essere un momento “dedicato”, non mentre si sta facendo altro. La situazione merita rispetto per i genitori e per i figli. È importante che i genitori siano insieme quando comunicano ai figli la propria decisione di separarsi, devono mostrarsi uniti nel loro ruolo di genitori per il bene dei figli, per quanto possa essere difficile soprattutto nei primi periodi o se uno dei due non ha accettato la fine del matrimonio.

Rassicurare i figli che seppure non saranno più una coppia, saranno sempre i loro genitori e che si occuperanno di loro, che l’affetto non cambia anche se non vivranno più tutti insieme. Poterne parlare, permette ai figli anche piccoli di esprimere le proprie emozioni e ai genitori di riconoscerle e dare loro un nome, ad esempio dire chiaramente che si rendono conto che sono tristi e che nonostante tutto anche loro stessi, benché adulti, si sentono tristi.

Proteggere i figli dai conflitti coniugali, poiché dovranno trovare sempre un accordo sull’educazione e la crescita dei figli.
Deve essere chiaro, che quello che cessa è il rapporto coniugale non il ruolo di genitori e tanto meno il rapporto coi figli, timore sempre presente nei piccoli quando i genitori si separano. Ognuno dei due dovrà mettere da parte le proprie frustrazioni o rivendicazioni reciproche ed avere un comportamento corretto verso i propri figli.
È estremamente dannoso, quando i genitori manifestano disprezzo l’uno verso l’altro e si svalutano reciprocamente, poiché quello che i figli colgono è il litigio, l’astio, l’aggressività da cui sono investiti e feriti direttamente, poiché identificati con loro. Inoltre, col persistere nel tempo della “Guerra dei Roses”, i genitori non sono più validi modelli di identificazione inconscia per i propri figli, danneggiando la loro crescita, minando la loro serenità. Cessano di essere esempi da seguire, persone da amare e da cui essere amati senza riserve, di per sé, come sarebbe naturale.

Donald Winnicott afferma i genitori costituiscono uno “scudo protettivo” per i propri bambini, Wilfred Bion amplia il concetto, chiarendo che sono anche un contenitore delle loro emozioni, che ricevono ed elaborano le impressioni emotive e sensoriali in una forma che la psiche del bambino, già da neonato possa assimilarla, rendendo le esperienze, anche negative, pensabili, elaborabili e accettabili.
Marialuisa Roscino

 

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