Il mondo è sempre stato governato da esigenze economiche e da sete di potere a giustificazione di nefandezze di ogni genere: guerre, genocidi, o in via alternativa guerre finanziarie. In Europa abbiamo vissuto, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, un periodo di tregua illusoria, anche se segnali di ogni genere, vedi quanto avvenuto nella ex Jugoslavia, venivano da ogni parte del mondo. Eppure i mezzi d’informazione sono sempre più presenti nella nostra vita quotidiana, ma la semplice visione non basta, è necessario avere e affinare uno spirito critico. L’attuale non-cultura dilagante, invece, impone modelli di falsa socialità, isolamento dai nostri vicini: nei ristoranti o similari sono presenti più cellulari che persone. Il sistema economico ha trovato nella globalizzazione un’ottima sponda. La tecnologia permette trasferimenti di capitali in microsecondi e con la possibilità di utilizzare paradisi fiscali, presenti anche nella Comunità Europea, sfuggire legalmente al pagamento delle tasse nel paese produttore. Il tutto viene giustificato come necessario per avere un incremento della produttività. Si deve incrementare la produzione e il consumo allo scopo di mantenere il sistema. A conferma di ciò lo spreco alimentare o il bisogno di avere auto o cellulari nuovi o altri beni effimeri, vediamo sorgere, e per questo siamo al primo posto in Europa per il consumo del territorio, interi quartieri residenziali senza nessuna pianificazione urbanistica.
L’invasione russa in Ucraina: a parte ogni discussione su ogni riferimento ad ataviche questioni di confini e dominazioni, cosa rimarrà dopo la fine di questo assurdo conflitto? Intere città, territori interamente rasi al suolo con danni per l’ecologia derivanti da materiali bellici di difficile smaltimento, problemi nello smaltire tonnellate e tonnellate di materiali non degradabili o convertibili, infrastrutture, impianti da ricostruire totalmente; e poi come immaginare il futuro di qui ragazzi e giovani che hanno visto e subito le violenze se non in un rancore verso l’invasore? Dobbiamo aspettarci altre forme di terrorismo o comunque di vendette.
In ogni caso, stiamo assistendo a varie forme di emigrazione di giovani russi verso la Serbia dove trovano un paese simile alla Russia e tollerante verso i dissidenti. Quanti saranno gli ucraini disposti a tornare nella loro patria per contribuire alla ricostruzione? Sembra che nessuno si ponga questi interrogativi.
Si moltiplicano marce per la pace, ma nessuno di noi vuole analizzare il perché delle guerre, non vogliamo assolutamente rinunciare o modificare i nostri stili di vita: se tutti noi, indipendentemente dai governi, riducessimo la temperatura dei nostri appartamenti, inutili sprechi di energia elettrica, quanti TV abbiamo, seguire modelli di consumismo sfrenato potremmo ridurre il fabbisogno d’importare tanto gas e comunque non depauperare la nostra Terra di risorse di qualunque tipo. Qui non si chiede di tornare alle caverne, ma di porre attenzione ai nostri singoli comportamenti quotidiani: nei banchi dei supermercati ci vengono proposte vaschettine ben impacchettate di prodotti agricoli puliti e tagliati, carni preparate pronte per l’utilizzo. Non si ha più il tempo per riflettere o pensare, ma correre sempre più veloci verso mete non definite. I cambiamenti climatici sono evidenti ma stiamo solo sproloquiando e posponendo le risoluzioni a carico dei nostri nipoti o pronipoti.
I reiterati appelli di giovani, vedi Greta Thunberg, sono rimasti inascoltati, il filosofo Bertrand Russel nei lontani anni ’60 sosteneva che il sistema è in grado di assorbire qualunque rivoluzione. E’ ora di pensare di proporre nuovi modelli di sviluppo e quindi economi che tengano conto di una visione intelligente e democratica di quanto la Terra mette a disposizione alle prossime e future generazioni: non è assolutamente giustificabile che solo una piccola parte della popolazione mondiale possa godere di beni e una vita agiata a spesa della maggioranza destinata a una vita grama.
Ciò necessita di una rapida e efficiente svolta nella economia globale e quindi politica.
Claudio Cappabianca