22 Novembre, 2024
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Nel giorno del voto il genetliaco di Sandro Pertini

Negli anni in cui la politica sembra avere un ruolo sempre più marginale e sempre più subordinato all’economia, in tempi in cui è sempre più difficile trovare degli eroi a cui ispirarsi e da imitare, è impossibile oggi non festeggiare quello che sarebbe stato il compleanno di uno che eroe lo è stato per davvero: Sandro Pertini.
“Arrendersi o perire!” Una frase, una voce che segnò l’inizio di una nuova stagione per il nostro paese, che segnò la rinascita dell’Italia che era stata pesantemente soffocata dal fascismo e dall’occupazione tedesca.
Con quelle parole il CLN proclamò l’insurrezione generale contro l’occupante nazi-fascista, con quelle parole l’Italia rinacque dalle ceneri della guerra ed era dunque giunto il tempo di ricostruire.
Molte furono le donne e gli uomini che tanto ci hanno dato, sacrificando se stessi per concederci uno dei beni più grandi che si possano desiderare, e che troppo spesso ci scordiamo di avere: la libertà.
Fu proprio Sandro Pertini a pronunciare quella frase, la quale è composta dalle parole più patriottiche che un italiano possa mai dire.
Pertini la guerra l’ha conosciuta: soldato durante la prima guerra mondiale e antifascista della prima ora, visse alcuni anni in Francia per scappare al regime che voleva condannarlo al confino, per poi tornare imbracciando le armi per combattere.
Fu poi catturato e condannato a morte, ma assieme al compagno (e anche lui futuro presidente) Saragt riuscì a scappare dal carcere di regina coeli.
Finita la guerra fondò assieme a Pietro Nenni il Partito Socialista di Unità Proletaria, sulle ceneri del vecchio PSI, e fu eletto nell’Assemblea costituente.
Attraversò l’Italia, fu protagonista del passaggio dal regime fascista all’Italia Repubblicana e democratica, un’Italia nuova.
Oggi sappiamo bene come la politica non si faccia più solo con i comizi e i discorsi (che forse sono passati troppo in secondo piano) ma è la propria immagine uno dei principali strumenti di comunicazione.
Durante la prima repubblica i politici erano però ben diversi da quelli nostrani: austeri, distaccati.
Parlavano in parlamento, sugli editoriali dei giornali di partito, nelle tribune politiche della Rai e facevano molta attenzione a non sporcare l’immagine pubblica del politico in giacca e cravatta con un momento di vita privato, in cui sembrare più simili, se così possiamo dire, a tutti gli Italiani.
C’è una fotografia che però ha avvicinato in maniera così profonda ed iconica un politico alla cultura popolare: ci sono seduti ad un tavolo Dino zoff, Franco Causio, Enzo Bearzot e proprio Sandro Pertini, ormai Presidente della Repubblica, e sul tavolo la coppa del mondo e le carte da scopa con cui stanno giocando.
Quella del 82 non è un’estate come un’altra, non c’è solo il mondiale vinto che ha tenuto tutti gli italiani davanti allo schermo, ma sono anche anni di transizione: 13 anni dopo Piazza Fontana si inizia ad intravedere la fine del terrorismo, si susseguono tre governi diversi in quell’anno, e si apre sempre di più un fossato fra i comunisti di Berlinguer e i socialisti di Bettino Craxi intorno alla questione della scala mobile.
Anche in questa occasione Pertini fu protagonista di un’Italia che stava lentamente cambiando.
La capacità di Pertini di empatizzare con tutti gli italiani si vide quando, proprio in occasione della finale dei mondiali a Madrid, seduto tra il cancelliere tedesco Schmidt e il re spagnolo Juan Carlos, il nostro presidente si mise a tifare la nazionale proprio come avrebbe fatto qualsiasi italiano: mai seduto, scattante come una molla, pronto ed esultare ai primi goal.
Pertini sa quanto sia importante associare la propria immagine, quella della politica e quella del “primo impiegato dello stato” (come amava definirsi lui), a quella di una vittoria.
Il clima in Italia è difficile, come abbiamo detto si respira aria di cambiamento, ma la tensione di certo non è finita, infatti a maggio del 82 la mafia uccide Pio La Torre, e due mesi dopo il mondiale il generale dalla Chiesa.
Gli anni di piombo del terrorismo nero e rosso si stanno, con timidezza, chiudendo, ma una nuova stagione si stava aprendo.
Pertini sa come una vittoria come quella del mondiale possa rappresentare in quel periodo di tensione per il paese un momento di unità.
Venne soprannominato il presidente del popolo, il legame che riuscì a stringere, grazie alla sua umanità e al suo senso del dovere, con tutti gli italiani in un momento di così grande difficoltà fu semplicemente straordinario.
Sandro Pertini: avvocato, giornalista, socialista, muratore, carcerato, partigiano, presidente, ha vissuto così tante vite che non possiamo pensare a lui solo come un pezzo di cultura popolare, un politico diverso da tutti gli altri che ha portato nuovi linguaggi e nuove immagini, un nuovo modo per i cittadini di guardare alla politica.
Dobbiamo pensare a lui come la figura autorevole a cui la nazione deve, e non in piccola parte, la tenuta morale difronte all’onda d’urto del terrorismo e per usare le parole di un suo successore, Carlo Azeglio Ciampi: “ dobbiamo pensare a Sandro Pertini come qualcuno che ha scelto di dedicare la sua vita alla politica, cioè il vivere insieme perché voleva che l’Italia fosse un posto un po più libero e un po più giusto”.
Simone Savasta
Redattore L’agone

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