Dopo gli anni di lockdown e la chimera della ripresa, le bollette salgono alle stelle
Ha suscitato grande scalpore la marionetta impiccata alla vetrina di un bar in un famoso quartiere di Roma, che recava un eloquente cartello la scritta “È arrivata la bolletta”. Gli esercizi che risentono del caro-bollette sono tanti all’interno della Capitale. Non si tratta solo di ristoranti, bistrot e bar, ma anche negozi di generi alimentari e per la cura personale. Davanti alla serranda chiusa di una piccola, ma avviata (perlomeno fino a un anno fa) erboristeria in uno dei principali viali di Roma, era affisso un cartello che riportava un messaggio tanto lapidario quanto desolato e rassegnato: “Chiudo da sola”.
Una serranda, quella, che non è mai stata riaperta e una lettura che vede almeno due interpretazioni: “chiudo da sola”, faccio da me e “chiudo da sola”, sono rimasta sola. La dura verità la sa solo chi gestiva quell’attività. Ai passanti abbiamo domandato cosa pensassero dinnanzi a quel cartello, e se qualche ignaro (e probabilmente poco attento osservatore della realtà) ha avanzato un implausibile “probabilmente la titolare è in ferie”, qualcun altro ha espresso sentimenti di rabbia e incredulità su quanto sta avvenendo: “Siamo stati abbandonati”, dicono. E non importa se a farlo sono pedoni che lasciano questa risposta e vanno via o gente che sofferma a spiegare le sensazioni provate su questo stato in cui ci si sente: il messaggio è chiaro. Siamo soli. I ristoratori sono costretti ad alzare i prezzi e a giustificarli esponendo la bolletta del mese sulla vetrina all’ingresso, consci del fatto che tale decisione scoraggia un possibile cliente che si ritrova a pagare un piatto di più rispetto all’anno passato. Non è un bel segnale per la società, il fatto che questo “modus agendi” sta prendendo forma al punto da arrivare ad avere un nome (“Bollette in vetrina”). Questa situazione non è che l’esposizione nella pubblica piazza del radicamento di un grave danno. La “fatamorgana” della ripresa sembra prender forma. Davanti all’erboristeria di cui sopra, una signora si è soffermata a esprimere il proprio parere sulla vicenda del caro-bollette, rigirando quelle poche domande che le avevo rivolto. Lei, G.S. (che ci ha chiesto di rimanere anonima), 71 anni, ha domandato se fossi stata disposta a pagare di più un piatto di pasta di cucina tipica romana, sapendo che in quel ristorante c’è un proprietario messo alle strette. La risposta è stata, ovviamente, sì. La domanda successiva è stata “Fin quanto lo arriveresti a pagare di più?”. Una domanda a cui non ho saputo trovare risposta, ma a cui lei ha aggiunto un rassegnato: “Dobbiamo riscoprire la solidarietà”.
Lucrezia Roviello