Sussistono inequivocabili anomalie fra il passato e il presente della Sinistra italiana. A cominciare dal nome di battesimo dell’uomo che la portò in alto e dell’uomo che ha patito, ora, lo “schiaffo” del centrodestra. Berlinguer e Letta, politici diametralmente opposti nel modo di fare e di agire, col primo bastava un’occhiata per capire, col dimissionario odierno quell’occhiata è diventata sfuggente. E quanto è strano osservare che nell’anno del centenario dalla nascita di Berlinguer, classe 1922, arriva una delle peggiori battute d’arresto di chi una volta cantava “Bandiera rossa” e oggi s’è trasformato in “radical chic”. Si, è vero, il tempo passa e siamo cambiati, è mutata la società (in peggio), s’è trasformato il modo di fare politica. Ma chi ha scavalcato gli “anta” non dimentica che la politica si portava avanti parlando con la gente, non la si cercava attraverso i social. E i circoli funzionavano molto meglio di “Tik Tok”. No, non ci si può riconoscere in questo modo astruso di fare politica. E quanta nostalgia e quanto magone per le tribune politiche di Ugo Zatterin, che gestiva la “cosa” politica ancor prima dell’invenzione di una par condicio che, comunque, oggi scontenta tutti; e qui aggiungo che nelle sue trasmissioni nessuno si alzava e se ne andava.
Scavalcato il 25 settembre c’è stato chi ha perso e ha continuato a discettare, dimenticando forse l’unica frase che un popolo sconfitto avrebbe voluto sentirsi dire: “Scusate, ho sbagliato”. Qua si pensa di ripartire cambiando il nome a un partito, come se quel nome portasse sfortuna. Qua, purtroppo, non si fa un passo indietro, al massimo si fa un passo di lato. Perché lo scettro del comando fa sempre gola. Che beffa, ci lamentavamo della prima Repubblica. E che ingenui che siamo stati.
Massimiliano Morelli