“Il danno provocato dall’insulto che si basa sulla dimensione estetica e del corpo in questo tipo di discipline crea un danno sia in minorenni che in maggiorenni. Questo tema è ancor più delicato in quelle discipline dove si entra nell’ambito di una attività competitiva e agonistica sin dalla tenera età e in fasi dove si attua uno sviluppo sia psichico che corporeo. Questo tema del corpo naturalmente è centrale nelle discipline estetiche dove il corpo appare in evidenza, come nel caso della ginnastica e i tuffi. Nella ritmica il corpo degli atleti e atlete, come in altre discipline, attribuisce addirittura il punteggio. E il peso dell’atleta contribuisce alla stessa prestazione sportiva. E’ chiaro come il fisico dello sportivo diventa centrale e quindi non sono infrequenti, in queste categorie di atleti, i disturbi del comportamento alimentare”. Commenta così all’agenzia di stampa Dire Fabio Lucidi, ex preside della facoltà di Medicina e Psicologia Sapienza e Responsabile del servizio di psicologa dello sport della Sapienza, il caso delle denunce delle ex ‘Farfalle’ della nazionale italiana che negli ultimi giorni stanno travolgendo il mondo della ginnastica ritmica nazionale. Le ultime, quelle delle campionesse Nina Corradini e Anna Basta. Al centro della vicenda ci sono abusi mentali e il controllo in pubblico del peso con relativi insulti davanti alle compagne: da ‘vitello tonnato’ a ‘cinghiale’ o anche ‘ippopotamo’. I ritmi stressanti, le umiliazioni continue davanti a esercizi svolti non alla perfezione che le hanno fatte sentire sbagliate e violate.
“Non pensiamo però- aggiunge alla Dire il professor Lucidi- che questo sia un problema solo femminile. Pensiamo agli atleti che impegnati in discipline dove esistono le categorie di peso come la lotta o il pugilato. Molti di loro mettono in atto un comportamento molto pericoloso che alterna momenti di digiuno, per raggiungere il peso ottimale e stare in gara, seguiti da grandi abbuffate. Tutto questo prelude ovviamente ai disturbi alimentari”.
Lo scorso anno è stato dedicato proprio ai disturbi mentali associati allo sport un numero intero della rivista internazionale ‘The Lancet Psychiatry’, che “ha considerato molte vicende fatte di pressioni, violenze verbali e fisiche perpetrate a danno di sportivi e sportive. Questo per dire- spiega Lucidi- che spesso lo sport è descritto come un’isola felice e foriero di grande opportunità, ma non è sempre così. A volte viene interpretato come una zona franca dove le regole della società civile non valgono e non deve essere così”.
Quando una parola vuole incentivare e quando si può definire violenza
“L’allenatore- precisa l’esperto- deve stimolare l’atleta a dare l meglio di sè. Ci sono due tipi di modalità: supportare e stimolare l’autonomia dell’atleta e un’altra autocratica basata sull’autorità. Il modo corretto è quello basato sul rispetto dell’altro, se manca questo direi che il limite è stato violato. Quando si rimane nel limite del consentito e quando si prevarica il confine? Più in generale direi che quando un bambino o un adolescente esprime un disagio, in una dimensione ludica come quella rappresentata dall’attività sportiva, i genitori devono cambiare contesto o pensare a sport diversi”.
Come cambia la percezione del corpo dopo gli abusi
“L’idea del corpo e della bellezza in generale ricade nell’ambito di una rappresentazione sociale stabilita. Questo ‘modello di bellezza’ cambia notevolmente in base al contesto analizzato. Nel caso della ginnasta l’ideale di bellezza si fonda sulla magrezza. Quando ci si trova davanti a bambini e adulti insoddisfatti del proprio corpo, i genitori hanno il dovere di porre attenzione all’insoddisfazione, al disagio del figlio e devono cambiare contesto. Lo sport è uno strumento utile a promuovere la salute e il benessere ed è bene che rimanga in tale ambito. Ritornando a questi casi di denunce, ora i tavoli preposti faranno le dovute analisi e prenderanno i provvedimenti opportuni”, ha concluso Lucidi.