I traumi infantili sono molto comuni, (ovviamente, a vari livelli).
L’analisi di indagini comunitarie condotte in Europa e nel mondo ha confermato l’entità dell’abuso nella comunità. Esse mostrano un tasso di prevalenza del 9,6% per sessuale (13,4% nelle ragazze e 5,7% nei ragazzi), del 22,9% per gli abusi fisici e del 29,1% per quelli mentali, fisico e 29,1% per quello mentale, senza reali differenze di genere. Pochi studi sono stati condotti sulla trascuratezza, ma analisi delle ricerche condotte in tutto il mondo mostrano che la prevalenza è anch’essa elevata: 16,3% per l’abbandono fisico e 18,4% per quello emotivo.
In che modo, è possibile aiutare un bambino a superare un trauma? E quali conseguenze possono scaturire traumi infantili nel lungo, ma anche nel breve termine se trascurati? Lo abbiamo chiesto ad Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dell’International Psychoanalytical Association.
Cosa s’intende per trauma psicologico?
Per trauma psicologico, si intendono le conseguenze sulla mente infantile di eventi stressanti che siano improvvisi, imprevisti e molto intensi. I traumi infantili possono essere causati anche da una serie ripetuta di piccoli eventi sul momento apparentemente non stressanti che però, per un effetto “cumulativo”, lo divengono a distanza di tempo.
I traumi causano nei bambini sensazioni negative come paura, insicurezza, ansia, sentimenti di incapacità e un continuo stato in allarme. Perdono le certezze acquisite, hanno timore del presente e non riescono ad immaginarsi il futuro. L’ansia e la depressione conseguenti alla forte tensione emotiva provoca spesso agitazione fisica, irritabilità e insonnia, per questo all’inizio può essere fatta una diagnosi di ADHD.
Che cosa può causare i traumi infantili?
I bambini hanno una vulnerabilità specifica poiché non hanno sufficienti capacità razionali per comprendere e decodificare in modo corretto gli avvenimenti. Inoltre, hanno una fragilità emotiva e sono affettivamente e psicologicamente dipendenti dai genitori. Sappiamo che i bambini, sono abitudinari, la costanza degli avvenimenti è necessaria per strutturare la loro personalità. Molti eventi traumatici spesso non sono riconosciuti dai genitori e dagli adulti. Tra questi, ricordiamo: le malattie fisiche importanti nei primi anni di vita, i traslochi, la perdita di animali domestici, la malattia di uno dei genitori o dei nonni, emigrazione, cambiamento di scuola. Attualmente, osserviamo un aumento dei casi correlato alla pandemia da Covid-19 e alla guerra in Ucraina, per la paura di perdere i genitori, di ammalarsi o morire.
Quali sono le conseguenze a breve e a lungo termine di un trauma infantile?
La conseguenza a breve termine di un grave trauma è il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) che dura fino a sei mesi. Si manifesta con pensieri o sogni intrusivi del trauma, ansia, depressione, agitazione psicomotoria, iperreattività, diminuzione di attenzione e concentrazione. A lungo termine, si possono avere sintomi ansioso-depressivi, dissociazione emotiva, disturbi nelle relazioni interpersonali con rapporti “malati”, isolamento/evitamento o dipendenza affettiva, disturbi psicosomatici. Se non c’è un’elaborazione del trauma, la ferita emotiva e il dolore psichico rendono insicuri, vulnerabili, fragili. In alcuni casi, se come difesa il bambino gravemente traumatizzato si identifica con l’aggressore (“Sindrome di Stoccolma”), ripeterà sugli altri le aggressioni, abusi, violenze subite.
Come capire se un bambino ha subito un trauma?
Innanzitutto, bisogna cogliere i segnali di disagio: insonnia, paura di andare a scuola, bisogno di dormire sempre con i genitori, comparsa di enuresi notturna, pianto frequente, iperattività sia a casa che a scuola, paura di andare dai nonni o restare dagli amichetti. I genitori devono osservare i loro bambini, chiedere loro come stanno, interessarsi a ciò che fanno e cercare di capire se ci siano stati avvenimenti o situazioni stressanti che li hanno turbati.
In che modo è possibile aiutare un bambino a superare un trauma?
Bisogna mostrare interesse nei loro confronti, fare ipotesi e domande, parlare con loro. Non è importante se non si “indovina” subito la causa. Il fatto stesso che ci sia un interesse del genitore per quello che il bambino pensa e sente, questo di per sé gli dà sollievo. Dare un nome alle emozioni (tristezza, paura, preoccupazione), permette ai bambini di capire che i loro genitori sanno che esistono e come si chiamano. Poiché, per sentirsi amati è necessario sentirsi capiti, sforzarsi di comprenderli e quello che succede loro, di per sé fa sentire il bambino protetto e amato. Si sentono “tenuti” nella mente dei genitori, contenuti nelle sue emozioni, più tranquilli e meno impauriti.
Secondo Lei, è possibile fare vincere le paure ai bambini o togliere loro traumi importanti, attraverso “il gioco” e lo “sport”?
Certamente, giocare è l’attività principale dei bambini, l’unica a cui sono interessati. Il gioco è uno strumento fondamentale per entrare in contatto con sé stessi e con il mondo. Tutti i giocattoli sono oggetti transizionali, come ci insegna la pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, e ogni luogo in cui si gioca è uno spazio transizionale ovvero oggetti e luoghi che mettono in comunicazione la realtà esterna con la realtà psichica.
Il gioco con un adulto a cui piace giocare, è terapeutico benché non psicoterapeutico.
Lo sport può essere di grande aiuto a patto che vi sia sempre una dimensione di gioco, che non sia mai coercitivo o violento. Lo sport coniuga l’attività fisica necessaria ai bambini, per l’unità mente-corpo tipica dell’infanzia, e l’organizzazione attraverso le regole. Per questo, aiuta a scaricare le tensioni, a interiorizzare metodo e norme e a stare in un gruppo con i coetanei, sotto la guida di un adulto garante del loro rispetto.
Può spiegare in particolare, la differenza specifica, che c’è tra lo stato d’animo di “provare i bambini una certa “paura” e invece, l’avere subito un trauma e come a Suo avviso, i genitori possono intervenire?
Molte paure sono comuni nei bambini e dipendono dall’età e dalla fase evolutiva che attraversano. I genitori generalmente non sono allarmati dalle normali paure dei loro bambini poiché ricordano di averle vissute nella loro infanzia. I disturbi legati a traumi, invece, sono insoliti, intensi e perdurano nel tempo. I bambini sono inconsolabili, non rispondono alle rassicurazioni e si agitano intensamente ogni volta che sono esposti all’evento traumatico. Talvolta, hanno delle reazioni psicofisiche molto intense, scappano e “perdono la testa”, in questo caso, devono essere trattenuti e abbracciati forte finché non si calmano.
Quali consigli a riguardo, si sente di dare?
- Parlare sempre con i bambini cercando di mettersi nei loro panni e aiutarli ad aprirsi piano piano.
- Non accusarli, deriderli o colpevolizzarli per come si sentono.
- Incoraggiarli a parlare di sé facendo esempi tratta dalla propria esperienza. I bambini si sentono incoraggiati dai racconti dei genitori e dei nonni.
- Non ignorare mai i segnali anche se il dolore dei propri bambini anche se difficile da sopportare. Sono gli adulti che proteggono i bambini cercando di contenere la sofferenza che provano e la situazione di disagio che spesso anche loro stanno vivendo.
- Avere dei contatti e dei colloqui con gli insegnanti in modo da esporre le difficoltà del bambino. Le insegnanti, soprattutto, se hanno una formazione psicoanalitica, possono mettere in atto interventi e comportamenti “terapeutici” anche se non psicoterapeutici.
- Seguire i bambini nelle attività sportive, parlare con gli allenatori e con i “mister”. Accompagnarli, andare a riprenderli. I tragitti in cui si sta insieme sono dei momenti preziose per parlare e stare bene insieme.
- Non isolarsi, ma cercare di creare una rete con i propri familiari, nonni zii e anche con gli amici.
- Creare dei momenti “speciali” in cui stare insieme, dedicati completamente ai propri bambini, giocare con lo e “goderseli”, lontano dagli impegni e dagli affanni della vita quotidiana.
- Quando in una famiglia, ci sono eventi traumatici importanti, anche prima che i bambini abbiano sintomi eclatanti è opportuno rivolgersi a uno psicoanalista infantile che possa seguire il bambino e i genitori. È una forma di prevenzione e garanzia di benessere per il bambino e per tutta la famiglia.
Marialuisa Roscino