Dall’abbacchio romano Igp al Pecorino di Picinisco Dop, dal Carciofo Romanesco ai Kiwi di Latina Igp e ancora dalle Castagne di Vallerano Dop alla Nocciola Romana Dop, sono solo alcuni dei 456 tesori Made in Lazio tra i 5450 nazionali censiti e che oggi sono messi a rischio dall’esplosione dei costi di produzione legata alla crisi energetica per la guerra in Ucraina. E’ quanto emerge dal nuovo censimento 2022 presentato dalla Coldiretti delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentata in occasione dell’inaugurazione del XX Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa Miani a Roma.
Una mappa dei sapori, della tradizione e della cultura della tavola Made in Italy che vede nei primi tre posti del podio la squadra di pane, paste e dolci, quella di frutta, verdura e ortaggi e il gruppo delle specialità a base di carne, seguiti dai formaggi e dai prodotti della gastronomia, ma non mancano bevande analcoliche, distillati, liquori e birre, i mieli, i prodotti della pesca e i condimenti dagli olii al burro, in un viaggio del gusto che tocca anche gli angoli più nascosti del Paese.
“Non è infatti un caso che nei piccoli borghi – sottolinea la Coldiretti Lazio – nasca il 92% delle produzioni tipiche nazionali secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, una ricchezza conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche. Un patrimonio che spinge a tavola 1/3 della spesa turistica alla scoperta di un Paese come l’Italia che è l’unico al mondo che può contare sui primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare”.
Tra le specialità del Lazio troviamo anche il tarlo dell’aglio rosso di Proceno, conservato sott’olio e ideale come sfiziosità per gli antipasti, oppure il sedano bianco di Sperlonga Igp o i peperoni di Pontecorvo Dop, oltre al Pecorino Romano Dop. Non solo, c’è anche la “Ratafia Ciociara”, una bevanda che si ottiene dall’infusione idroalcolica di visciole o di amarene e vino atto a divenire Cesanese del Piglio DOCG o Atina DOC Cabernet, aromatizzata esclusivamente con aromi, succhi o infusi naturali di visciole o amarene e spezie come cannella, vaniglia, chiodi di garofano, mandorla amara. Troviamo anche il Guanciale dei Monti Lepini al maiale nero o i “Viarelli” di Viterbo, dei salumi conditi con pepe e finocchio. Accanto a questi anche il “lardo di San Nicola” prodotto a Cori, in provincia di Latina, o quello del Campo di Olevano Romano e di maiale nero reatino o la porchetta di Ariccia Igp e ancora il Cacio Magno di Poggio Mirteto e Montopoli di Sabina o il Cacio fiore.
“Il nostro è l’unico Paese al mondo – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio. Dobbiamo difendere questo patrimonio del Made in Italy dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione e all’appiattimento verso il basso perché il buon cibo insieme al turismo e alla cultura rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell’identità, della biodiversità e del legame con i territori”.