22 Novembre, 2024
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“C’era una volta”… una favola del nostro territorio

La forza delle passioni, la tenacia e il coraggio di trasformare una favola in una storia di vita

Non tutte le favole iniziano con “C’era una volta”, non tutte hanno come protagonista principesse e castelli incantati, non in tutte il nemico viene sconfitto e il bene trionfa sul male. Certo, la sera di Natale, sorretti dal caloroso abbraccio del fuoco, portati da quel suo suono flebile eppure rumorosissimo, quello che ci si aspetterebbe è proprio quel genere di storie. Quelle che ti lasciano la possibilità di sperare ancora che il giusto avrà sempre la meglio, che ti prendono e ti portano con loro in mondi sconosciuti, lontani, in quegli spazi sospesi, in quel tempo cristallizzato. Chi da bambino non sogna una favola così la sera di Natale? Però poi si cresce, si diventa adulti, si ripongono i giochi e le fiabe, e improvvisamente ci si dimentica la strada per tornare bambini, anche solo per un attimo, per una sera. É per questo motivo che la sera di Natale, prima di scartare i regali non parlerò di una regina bellissima e del suo principe, ma racconterò una fiaba diversa; o meglio, scriverò una storia con dentro una fiaba, o magari una fiaba con dentro una storia. Vi porterò con me in un viaggio che parte da molto lontano, che è fatto di tenacia, della forza di non lasciarsi abbattere dalla corrente, anche quando è forte, e del coraggio di saper credere nei propri sogni. Solo chi è in grado di prenderli e lasciarli volare liberi nel cielo, tra le stelle e la luna, avrà la soddisfazione di alzare gli occhi tutte le notti e avere sempre la luce. La protagonista della mia storia di sogni ne aveva tanti, forse più grandi della paura di poter, eventualmente, fallire; eppure lei era solo una bambina, come tutte. Una bimba bionda, solare, con una passione incalcolabile per la natura e soprattutto con un grande amore: quello per i suoi cavalli. Sono stati proprio questi a farci incontrare, a portarmi nel suo mondo, a farmi perdere tra i suoi sogni che finalmente sono diventati realtà. Una quotidianità, la sua, fatta di abnegazione totale, di dedizione, fatica, accompagnata però da un sorriso di soddisfazione incredibile. Caterina Syrbe, con l’ azienda agricola di Ponte Antico, situata tra Canale Monterano e l’antico abitato omonimo, non lavora con i cavalli, ma vive con loro, avendo così realizzato il suo sogno di bambina e diventando inconsapevolmente motivo d’orgoglio del nostro territorio. Ci parla, ascolta le loro parole non pronunciate, si innamora e fa innamorare di questi animali tanto eleganti quanto maestosi, asseconda le loro esigenze, i loro bisogni. Il loro è un rapporto costruito con il tempo, fondato sulla fiducia, sullo scambio continuo tra dare e ricevere. Caterina ha capito con il tempo che montare a cavallo non significa fare equitazione, che prendere il cavallo, salire in sella, fare un giro e riconsegnarlo non è assolutamente nulla di simile ad avere un rapporto con quest’ultimo. L’equitazione è tutto quello che circonda il cavallo, dalla pulizia passando per la cura: questo insegna Caterina come prima cosa. E da questo è nata in lei la necessità di utilizzare un  nuovo sistema di addestramento del puledro, quella che in gergo tecnico si definisce doma. Nella sua azienda tutti coloro che si avvicinano al cavallo lo fanno con delicatezza, attraverso quella che si chiama “doma dolce”. La consuetudine vuole che, tradizionalmente, l’uomo sottometteva il puledro per far accettare la sella e il cavaliere sopra; prima di ottenere risultati passavano circa tre mesi, e si instaurava un rapporto di sottomissione e paura. Per Caterina però i cavalli sono molto di più di tutto questo. Con la sua doma dolce non solo il risultato che si otteneva con mesi di lavoro si vede già dopo una settimana, ma soprattutto tutto si basa sulla totale armonia. Si instaura una vera e propria comunicazione con il cavallo, fatta di movimento del corpo, si cerca una strada per parlare senza parole, capirsi senza paura, ascoltarsi senza spaventarsi a vicenda. La sua azienda è quel mondo utopico che si cerca con la consapevolezza di non trovarlo mai, è quell’isola felice in cui cavalli, api, conigli, gatti, galline e cani riescono a vivere insieme. Tutti loro nell’azienda hanno un nome e ognuno una storia da raccontare, come Cinghio, un cinghiale che ha scelto di vivere lì, e segue Caterina come il più docile degli animali domestici. O le tante galline dai piumaggi e dalle razze diverse, che sanno regalare ceste di uova colorate perché, come sostiene Caterina, ciò che regala la natura può essere anche bello oltre che utile. Vederla interagire con il più imponente dei cavalli o con la più minuta delle api, elargisce la percezione di uno scambio di delicatezza perfetto, che contempla rispetto e amorevolezza, per l’altro e per la vita.

Trascorrere una sola giornata con Caterina significa darsi la possibilità  di credere ancora nelle favole, vuol dire avere l’opportunità di dar da mangiare le mandorle ai conigli come fossero bambini da far crescere, prendersi cura di qualcuno senza aspettarsi nulla in cambio, ma solo tanto da ricevere e da imparare. Salire a cavallo diventa quindi un rapporto che permette di legarsi senza stringersi, di conoscersi senza presentarsi, di scegliersi senza parlarsi. Non c’è più il cavallo e il cavaliere, ma c’è un equilibrio armonico fatto di silenzi che possono molto più di tante parole. Chi sale in sella e scendendo pensa solo di essere andato a cavallo, si è perso la parte più bella, quella che nessuno può insegnare, che non nasce dalla posizione delle ginocchia o della schiena, ma dalla predisposizione dell’anima. Questo insegna Caterina: non a salire a cavallo, ma farsi portare in quell’alchimia del non detto, fatta di sensi e sensazioni.

Vi chiederete adesso, come ho fatto a conoscere questa storia, come sono riuscita a raggiungere questo mondo incantato. Me l’ha raccontata una donna, o meglio, me l’hanno raccontata gli occhi e il sorriso di quella bambina che ancora c’è, con tutto il suo entusiasmo e i suoi sogni: Caterina Syrbe. È con la bambina che Caterina alimenta dentro di sé che ho scoperto i segreti della felicità. La mia storia non è dunque iniziata con il classico “c’era una volta”, ma di fronte agli occhi sorridenti di una donna che ha saputo credere ancora nelle favole e fare della sua vita la storia più bella, sono riuscita a scrivere il più vero “e vissero felici e contenti”.

Ludovica Di Pietrantonio
Redattrice L’agone

 

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