C’è un arzigogolato modo di intendere e insegnare da parte di certi docenti
Alcuni docenti, purtroppo, sanno solo stare in cattedra e non accanto ai loro studenti (ragazzi o bambini che siano); credono la loro materia più importante delle altre; fanno fatica a offrire gioia agli altri attraverso la cultura e la conoscenza. Forse sono bravi nella loro disciplina ma sono vuoti e poco incisivi come insegnanti nel percorso formativo degli alunni: la scuola non è per loro e la loro presenza è solo un danno per la crescita dei ragazzi.
Occorre precisare l’etimologia delle parole che sto usando: “docente” è colui che conduce, “insegnante” è colui che segna dentro: il docente che non insegna non conduce alcuno da nessuna parte e sarà dimenticato dai suoi allievi come sarà dimenticato tutto ciò che ha spiegato in classe, se lo avrà mai fatto.
Gli stessi concorsi pubblici verificano le conoscenze specifiche degli aspiranti docenti, ma non la loro capacità di essere empatici con i ragazzi, di comprendere le eventuali difficoltà, di sapere trasmettere l’amore per la conoscenza. Il risultato è che i ragazzi più fortunati che provengono da famiglie attente vanno avanti senza guadagnare nulla; i ragazzi più sfortunati, nati in famiglie prive di stimoli culturali, non capiscono e si allontanano ancora di più dalla conoscenza per diventare schiavi senza esserne coscienti.
La “Melone” di Ladispoli e la “Don Milani” di Cerveteri fanno eccezione a questo lassismo dilagante di mancata volontà di insegnare. I docenti di queste due scuole, inizialmente titubanti, si sono poi fidati della gestione “aperta”. Non sono mancate eccezioni, cioè docenti che non sono insegnanti come quella docente di matematica che non ha fatto partecipare i suoi studenti a un incontro di persona con un astronauta venuto a scuola (perché aveva fissato una verifica in classe) o quel docente che non ha accompagnato i suoi ragazzi a Roma ad ascoltare un oratorio di Haendel (come fanno i bambini ed i ragazzi a ascoltare un’ora di “lagna”). Ebbene questi docenti hanno torto, sono persone che si trovano per sbaglio a svolgere la professione più bella che ci sia: accompagnare e stimolare la crescita culturale dei ragazzi.
La loro azione educativa potrebbe non solo essere inutile ma anche rivelarsi dannosa perché quel tipo di docenti fa esattamente ciò che la cultura aborrisce: censurare le opportunità. Non si cresce ascoltando chi pretende si impari a memoria la data di nascita di Michelangelo, si cresce andando alla Cappella Sistina. Non si cresce leggendo per imposizione un capolavoro, si cresce recitando sulle rive del mare o assistendo a un’opera in teatro. Non si cresce ascoltando 100 volte al giorno brani di musica pop anche se bellissimi, si cresce vivendo la magia di un concerto dal vivo di musica barocca. Si cresce e non si dimentica, si cresce e si apprezza, si cresce e si è grati all’insegnante che ha fatto aprire loro occhi, orecchie… cervello.
Riccardo Agresti, preside