Premesso che nessuna delle 85 persone a bordo della Geo Barents abbia al momento firmato la richiesta di asilo politico, perché sulla barca non si compila alcuna richiesta, la questione della prima nave del comparto-recupero profughi farà per forza di cose giurisprudenza. Di sicuro ci sarà un braccio di ferro col Governo. Juan Matias Gil, capo missione di Medici Senza Frontiere, da il la alla diatriba col Viminale a poche ore dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto immigrazione. Che prevede, fra l’altro, anche l’obbligo di informare a bordo i migranti salvati dell’opportunità di presentare richiesta di asilo. Si procede con pochi nodi di velocità sulla vicenda e con troppi nodi interpretabili. Secondo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, significherebbe radicare in capo allo Stato di cui la nave batte bandiera la responsabilità della gestione dell’accoglienza, dell’esame della richiesta di protezione internazionale e l’eventuale rimpatrio.
Per la cronaca la Geo Barents, che ha fatto scendere a terra 85 migranti raccolti in due tappe – 41 soccorsi da un barcone che si era capovolto e 44 presi a bordo su richiesta del centro di ricerca e soccorso di Roma – da un mercantile che li aveva salvati) batte bandiera norvegese. E dunque in caso di richiesta d’asilo politico, la persona in questione una volta scesa a terra dovrebbe essere subito trasferita in Norvegia. Un’interpretazione del diritto che, al momento, non viene condivisa in sede europea dove i 27 Stati ritengono che tutte le procedure si sbarco, accoglienza e gestione delle richieste di asilo, spettino agli Stati di primo approdo. E che un qualsiasi accordo in Europa è assai lontano lo conferma una dichiarazione proveniente da Stoccolma: “Durante la presidenza svedese del Consiglio dell’Ue, nei primi sei mesi del 2023, non ci sarà alcun patto sull’immigrazione”