23 Dicembre, 2024
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Mindfulness, cos’è e come funziona

Negli ultimi anni è aumentato esponenzialmente l’interesse per la mindfulness, una disciplina conosciuta principalmente per le sue applicazioni nel controllo dell’ansia, dello stress e delle emozioni negative.

A crescere è stato anche l’interesse della ricerca per questa pratica, tanto che sono stati condotti numerosi studi per indagare le potenzialità della mindfulness in ambito medico-terapeutico e non solo, con risultati molto positivi.

Per capire meglio di cosa si tratta e quali sono i benefici che ne possono derivare abbiamo intervistato Flavia Romana Pinto, psicoterapeuta e insegnante di yoga mindfulness presso Niva Studio Benessere (Roma).

Inizierei innanzitutto cercando di capire cosa si intende con la parola mindfulness.
«Mindfulness significa porre attenzione nel momento presente, con consapevolezza e in modo non giudicante. La parola inglese “mindfulness”, infatti, significa proprio “consapevolezza” e “piena attenzione”.

Questo può essere raggiunto attraverso protocolli specifici di meditazione che derivano dalla filosofia del buddhismo Zen che permettono di sviluppare la propria consapevolezza, l’accettazione di quello che c’è e non possiamo cambiare e lo stare nel momento presente, qui e ora, senza pensare a quello che ho fatto prima o a quello che dovrò fare dopo.

Si lavora anche sull’auto accettazione, sulla compassione e sull’autocompassione».

Chi è l’ideatore di questa disciplina?
«Ad ideare questa disciplina è stato Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare statunitense e docente della Università della California – Los Angeles (UCLA) che nel 1979 inventò un programma di riduzione dello stress per applicarlo su persone per cui medicina classica non poteva fare più niente».

Quali sono le possibili applicazioni?
«Kabat-Zinn ha sviluppato il suo protocollo focalizzandosi sulla riduzione dello stress e dell’ansia. Ci sono però molte altre applicazioni. Ad esempio, c’è la mindfulness combinata alla terapia cognitivo comportamentale, il mindful eating, sia per chi ha disturbi alimentari che per chi vuole aumentare la consapevolezza nel rapporto con il cibo; c’è poi un protocollo proprio per i bambini e uno specifico per le donne in gravidanza, che sono in un periodo complicato che può essere molto stressante».

Quali sono i benefici che si possono trarre da questa pratica?
«Con la riduzione dell’ansia e dello stress c’è anche un miglioramento della capacità di gestione delle emozioni e dell’umore attraverso l’aumento delle emozioni positive. Aumenta inoltre l’intelligenza emotiva e l’interconnessione con l’altro, cioè la capacità di capire le emozioni altrui.

Molto interessanti sono anche gli effetti sul cervello. Si verificano infatti delle vere e proprie modifiche strutturali, come un aumento del volume cerebrale nelle aree che sono predisposte alle emozioni positive, alla regolazione delle emozioni, all’attenzione e alla memoria.

C’è poi un effetto neuroprotettivo perché la mindfulness va ad abbassare i livelli di cortisolo che sono aumentati dallo stress favorendo la plasticità neurale e aumentando le dimensioni dell’ippocampo in cui avviene la neurogenesi.

Ci sono poi effetti positivi sul sistema immunitario e sul dolore di tipo cronico».

Dal punto di vista pratico, cosa prevede il protocollo mindfulness?
«Di base il percorso prevede otto incontri, uno a settimana, e viene fatto in gruppo, in modo da stimolare la condivisione di esperienze utili anche per gli altri. Durante i vari incontri si fanno insieme delle pratiche di meditazione o yoga, o entrambe. Ci sono poi dei “compiti” da fare a casa tutti i giorni per almeno 40 minuti.

C’è poi un nono incontro che sarebbe la giornata del silenzio, cioè una giornata di 6/8 ore in cui i partecipanti sono in silenzio e l’insegnante conduce meditazioni, pratiche di yoga, etc. A fine giornata si ridà la parola e si condivide l’esperienza.

Kabat-Zinn notò che dopo le 8 settimane si sviluppa il cervello mindfulness, ma si potrà comunque continuare a praticare scegliendo le modalità e tempi che si preferiscono».

Insomma, una pratica quanto mai utile, soprattutto in questo momento storico.

Ringraziamo la Dott.ssa Pinto per questi spunti che ci auguriamo possano essere interessanti per i nostri lettori!

Sara Fantini
Redattrice L’agone

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