Cittadini di Roma, di tutta Italia e stranieri alle ore 12,00 precise sono già in attesa sulla balconata del Gianicolo per assistere all’evento storico dello sparo del cannone.
Da Giano, re dei “primi nativi”, che si dice avesse fatto edificare su questo colle la sua città a fronte del Campidoglio, abitato allora da Saturno, suo amico, e padre di Pico I re del Lazio, questa altura venne così chiamata Gianicolo in onore del dio bifronte, Giano-Saturno, ovvero, Giano è di fronte a Saturno, e infatti dal Gianicolo si vede l’altura del Campidoglio.
I popoli etruschi avevano i loro insediamenti sulle colline a nord di Roma e per l’appunto dal Gianicolo si affacciavano sulla Roma di Romolo.
Il re etrusco Porsenna (500 a. C.), che amò non riamato Clelia ed apprezzò l’eroico gesto del giovane Muzio Scevola, fu sepolto segretamente proprio sul Gianicolo, a discapito delle supposizioni di Marco Terenzio Varrone e di Plinio il vecchio che nei loro resoconti, scrissero sepolto a Chiusi.
Sempre sul Gianicolo volle essere sepolto anche il secondo re di Roma, il pacifico Numa Pompilio, che chiese di essere inumato con i suoi scritti, i Libri Sibillini, che racchiudevano il destino del popolo romano.
Si ricordano qui in elenco i 7 Re di Roma secondo quanto Tito Livio racconta nel suo “Ab Urbe Condita” o “Historiae” (142 libri, gli annales):
Romolo (753 a.C. – 716 a.C.)
Numa Pompilio (715 a.C. – 674 a.C.)
Tullo Ostilio (673 a.C. – 641 a.C.)
Anco Marzio (640 a.C. – 616 a.C.)
Tarquinio Prisco (616 a.C. – 579 a.C.)
Servio Tullio (578 a.C. – 535 a.C.)
Tarquinio il Superbo (535 a.C. – 510 a.C.)
Lo stesso colle non è annoverato fra i sette colli sacri al di qua del Tevere, su cui Roma fu edificata, poiché non rientrava nel “solco” tracciato da Romolo a cistiberim.
I sette colli che si trovano sulla riva sinistra del Tevere e nel recinto di Romolo, sono: Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale.
Nei primi anni del 1500 un amico di Raffaello Sanzio, Baldassarre Turini, “Datario” della corte di Leone X, volle farsi una villa sul crinale del Gianicolo, sopra i ruderi di una più antica villa romana del I secolo, e scavò sull’altura, trovando addirittura, come si narrò allora, la tomba del re Numa Pompilio e perfino i Libri Sibillini, che il prelato misteriosamente conservò, ma non furono mai più ritrovati.
IL CANNONE AL GIANICOLO
Tra i Romani e i loro “ospiti” c’è il detto: “Nun hai visto Roma si nun vedi er cannone, attappàndote le recchie!”
L’uso di segnare il tempo con un colpo di cannone fu introdotto dal Pontefice Pio IX il 1° dicembre 1847 per avere un segnale unico, unificato, dell’ora ufficiale, anziché il suono scoordinato delle campane delle chiese cittadine.
La tradizione continuò anche con l’unità d’Italia.
Il cannone sparò fino all’agosto 1903 dal suo primo posizionamento a Castel Sant’Angelo, da dove venne spostato sulle pendici di Monte Mario, per poi essere definitivamente trasferito sul Gianicolo, esattamente il 24 gennaio 1904.
Nel periodo della 2^ Guerra Mondiale la tradizione fu interrotta per gli eventi bellici.
Il 21 aprile 1959, in occasione del 2712° Anniversario della fondazione di Roma, il cannone riprese a segnare il “mezzogiorno” per i cittadini romani.
Non si ha notizia del tipo di cannone in uso fino all’agosto 1904. Da quella data fu utilizzato un cannone campale da 75 mm., lo stesso impiegato dall’Artiglieria del Regno d’Italia per aprire la Breccia di Porta Pia.
Successivamente è stato adoperato un obice da 149/13 la cui bocca da fuoco, preda bellica dell’Esercito Austro-Ungarico nella guerra 1915-18, era montata su affusto italiano.
Quest’ultimo pezzo, ormai vetusto, in data 1° febbraio 1991 ha sparato il suo ultimo colpo.
Attualmente è in uso un obice, risultato di un assemblaggio della bocca da fuoco da 105/22 su affusto di 88/27 impiegati durante il 2° conflitto mondiale.
La squadra di servizio al pezzo, che ogni giorno alle ore 12.00 in punto spara il colpo di cannone, proviene dal Comando Artiglieria dell’Esercito Italiano, di Bracciano (RM). Presente sul posto anche un artificiere del Comando Genio di Roma che interviene in caso di necessità.
Tra i membri delle squadre pezzo che si alternano per lo sparo di mezzogiorno, abbiamo l’occasione di rivolgere qualche domanda al Primo Graduato Francesco Aloe, effettivo al Comando Artiglieria:
Ci può raccontare quali siano le vostre procedure per lo sparo di mezzogiorno?
Si prepara la squadra pezzo e, con le uniformi storiche indossate, qualche minuto prima di mezzogiorno, si spinge ritualmente a mano il cannone da 105/22 sulla terrazza immediatamente sotto il Piazzale Giuseppe Garibaldi. Il capo pezzo, che comanda la squadra pezzo formata in questo caso da tre militari, impartisce gli ordini al personale per inserire i dati di tiro e per caricare il colpo a salve e successivamente, a voce alta, alle 12.00 in punto ordina, abbassando vigorosamente il braccio: “Per Santa Barbara, fuoco!”. Successivamente, dopo lo sparo e la vampata bianca che ne consegue, viene aperto l’otturatore e rimosso il colpo a salve e il Capo Pezzo dà ordine di mettere in sicurezza il cannone. È una procedura che, nel mio caso, svolgo da diverso tempo, pur non occupandomi solo di questo. Infatti il servizio è a rotazione tra il personale effettivo al Comando Artiglieria.
Emotivamente, cosa prova quando dà gli ordini per il fuoco?
La prima sensazione è un sentimento di orgoglio nell’essere protagonista di un avvenimento che si ripete da oltre 150 anni, sebbene con qualche interruzione nel corso della storia. A questo si aggiunge l’emozione per il gran numero di cittadini e turisti che assistono alla cerimonia quotidianamente, che ci accolgono e salutano lo sparo del cannone con un caloroso applauso.
Ringrazio lei, il Comando Artiglieria e l’Esercito Italiano per la vostra disponibilità e per il servizio che offrite quotidianamente alla città di Roma.
Giuseppe Lorin (per gentile concessione – Corriere del Popolo, Paese Roma)