C’è la netta sensazione che la classe politica non abbia capito l’antifona delle elezioni, semidisertate dal popolo. Che a più riprese invita la stessa classe politica a “stare vicino” alla gente, a capirne i problemi, a cercare di risolverli. Macché, qua dei problemi della gente interessa ai diretti interessati e basta. Non si spiega altrimenti quello svolazzare di accuse reciproche fra maggioranza e opposizione, entrambe forse dimentiche di chi tira la carretta e comunque non arriva a fine mese. Luce, gas, telefono, carburanti, generi alimentari e chi più ne ha ne metta, gli aumenti sono diventati una spiacevole abitudine per gli italiani, e poco interessa il confronto con altri Paesi. Siamo dannatamente ultimi in un imprecisato numero di graduatorie europee, da quelle sugli stipendi a quelle sul tenore di vita, ma si continua col trend negativo.
Aprile è stato il mese degli insulti legati alla Festa della Liberazione, e fa male al cuore pensare che la dietrologia regni preponderante nel merito di certi momenti che dovrebbero unire lo Stato, non dividerlo.
Aprile è stato anche il mese dell’ennesimo episodio di femminicidio, ad Arezzo addirittura sono morte nella stessa occasione una madre e una figlia. E’ uno dei “cancri” italiani, il femminicidio, e si perde il conto delle vittime di un simile delitto. Ma anche qui, con un male acclarato e sviscerato, la politica non interviene. “Parole, parole, parole” cantava Mina all’Alberto Lupo che tentava di circuirla. Parole, le stesse esternate da quella classe politica capace di mandarsi a quel paese attraverso i social per questioni proprie, non per difendere gli italiani. Qualcuno continua a ripetere “si stava meglio quando si stava peggio”. Quel qualcuno, purtroppo, ha ancora ragione.
Massimiliano Morelli