22 Novembre, 2024
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Il ruolo della scienza nel terzo millennio

Analisi dettagliate e condotte da vari enti internazionali è evidente, come dalla fine della seconda guerra mondiale, le varie discipline scientifiche hanno avuto uno sviluppo notevole e fortemente incidenti nella vita delle popolazioni. La medicina, l’alimentazione e altri fattori connessi hanno innalzato le prospettive di vita: nel 1914 l’aspettativa di vita era di circa 50 anni, nel nel 1939 57,6 anni. La seconda guerra mondiale provocò un crollò a 49,4 anni, al suo termine il dato è tornato a crescere e dal 1943 abbiamo assistito ad una crescita costante, tranne nel 2020 dove vi è stato un calo di 1,2 punti e un ritorno a 82 anni secondo dati della Banca Mondiale che ci pone all’ottavo posto al mondo.

Per contro, non possiamo dire che gli aspetti sociali, sempre più legati a una globalizzazione dei sistemi economici, abbiano fatti passi in quella definita come eguaglianza sociale o come ruolo ispirante una visione unica o comunque di un futuro sostenibile. Si è avuta una diffusione capillare di ogni tipo di negazionismo assieme al rifiuto di ogni evidenza scientifica su pandemie, ma sopra tutto dagli allarmi ampiamente documentati sui possibili effetti dei cambiamenti climatici. Nei lontani anni ’60 la scienza poneva due questioni sul futuro: la crescita della popolazione mondiale quale elemento scatenante guerre per problemi di risorse idriche e alimentari, guerre, antropizzazione delle città e corrispondente depauperamento delle campagne, nessuna previsione delle risorse non inestinguibile della madre Terra. In questi giorni stiamo assistendo alla devastazione dell’intera regione Emilia-Romagna; a poca distanza di giorni queste regioni hanno visto piogge di entità eccezionali, ma la scienza le aveva previste anzi ne prevede ancora di peggiori.  Le responsabilità? Sono di tutti noi, abbiamo voluto una finta libertà di costruire dovunque e comunque in barba a tutte le conoscenze a disposizione.

Stima del consumo di suolo annuale 2020-2021

Fonte elaborazione ISPRA su cartografia SNPA

Consumo netto Km2 63,3
Consumo suolo permanente Km2 13,6
Impermeabilizzazione aree già consumate reversibilmente Km2 11,9
Impermeabilizzazione complessiva Km2 25,5
Incremento di altre coperture non considerate Km2 8,9
Nuove aree con superficie inferiore ai 1000 m2 8,2

 

Eppure, per coloro volessero capire e trarne adeguate considerazioni e azioni da intraprendere, esistono le ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) che con il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale pubblicano annualmente il “Rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”; cosa si evidenzia? L’incremento del consumo di suolo non si arresta e nell’ultimo anno le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 69,1 km2, ovvero, in media, circa 19 ettari al giorno pari a 2,2 m2/sec, altri 11,9 km2 sono passati da suolo consumato reversibile (tra quello rilevato nel 2020) a permanente, sigillando ulteriormente il territorio.

 

Altre considerazioni: l’interesse privato in Italia, in tutti i campi, prevale sull’interesse pubblico, le responsabilità sono ripartite tra una serie elevata di entità non sempre connesse per cui non si arriva facilmente a conclusioni univoche. Ogni Regione ha regolamenti differenti, ma l’Italia non è unica? E qui si innesta l’attuale problematica sulle riforme costituzionale che imporranno altre linee di separazione: istruzione scolastica, base per il futuro, differenziata, sistema sanitario differenziato in funzione dell’economia regionale, linee di sviluppo determinate da fiscalità che andrà a favorire sicuramente le regioni più ricche.

Ripeto, la scienza mette a disposizione le conoscenze perché uno sviluppo sia sostenibile e equo anche per le prossime generazioni, la politica, se basata su scelte democratiche, deve prevedere azioni in tal senso anche con provvedimenti poco popolari ma a garanzia per un futuro per tutti.
Claudio Cappabianca

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