Sono ormai anni che si cerca di rendere ragionevole la coesistenza tra cinghiali e società umana senza venirne a capo perché, come hanno insegnato le regole dell’audience, fa più spettacolo (e soldi) creare scontri con annesso turpiloquio piuttosto che dibattiti tra gente che si sa ascoltare.
Noi di Ruminantia siamo in pieno accordo con Martin Luter King quando disse: “La mia libertà finisce dove comincia la vostra”. Per difendere veramente gli interessi degli agricoltori e degli allevatori è anacronistico auspicare l’estinzione dei cinghiali, perché mettersi a scontro frontale con l’opinione pubblica non conviene a chi ha prodotti da vendere e non sarebbe comunque etico. Di converso, chi ha permesso il proliferare incontrollato dei cinghiali, che in molte aree del nostro paese, soprattutto quelle interne, sta mettendo in fuga allevatori e agricoltori, ha delle precise e gravi responsabilità.
In un articolo del 4 maggio 2023 dal titolo “Piano straordinario contenimento fauna selvatica: cerchiamo un equilibrio tra conservazione delle specie e interessi umani” abbiamo fatto il punto della situazione su come sta evolvendo la legislazione, ma ad oggi nulla è stato fatto perché per governare uno Stato non si può avere l’incubo di scontentare parte degli elettori.
Ci sono comuni agricoli italiani sparsi a macchia di leopardo, ma principalmente ubicati o su aree marginali o nelle pianure limitrofe, dove la presenza “pandemica” dei cinghiali sta condizionando pesantemente i piani colturali e la sopravvivenza stessa delle aziende.
Il video di cui abbiamo inserito un frame nell’immagine di copertina è stato realizzato dalla telecamera di controllo di un allevamento di medie dimensioni, ubicato all’interno del comune di Roma, dove la presenza di cinghiali ha fatto decidere di non coltivare più il mais da trinciato nonostante ci fosse la disponibilità d’acqua per irrigarlo.
Questi animali danneggiano anche le altre colture e ora, essendo talmente tanti e affamati, la notte frequentano anche la mangiatoia delle bovine. Se fosse il buon senso a prevalere in casi come questi i comuni potrebbero autorizzare la cattura, l’abbattimento e la destinazione delle carcasse al consumo umano almeno di una parte dei cinghiali.
Questo non significa ovviamente autorizzare l’estinzione del cinghiale ma semplicemente un loro contenimento. Le aziende agricole andrebbero incentivate ad adottare l’importante misura di biosicurezza rappresentata dalla recinzione dell’allevamento per evitare il contatto degli animali con le specie selvatiche.