Nessuno si senta offeso se sottolineiamo come quest’anno il Giro sia stato poco all’altezza dei fasti del passato. Ma non dipende dai ciclisti, loro hanno dato battaglia, si sono affrontati sulle montagne e a cronometro offrendo uno spettacolo comunque da applausi. Il problema è l’informazione, mancata perché adesso che sono subentrate tv a pagamento e gli sport esistono solo se un’emittente paga i diritti, ecco che sbiadiscono gli interessi per una disciplina o per l’altra.
Poco spazio televisivo, qualche finestra informativa qua e la, tutto qui. Ovvio che la notizia del successo finale di Primoz Roglic, che indossa la maglia rosa fino al traguardo di Roma va raccontata, il Giro d’Italia numero 106 merita comunque attenzioni. Lo sloveno ha conquistato la leadership nella cronoscalata dei Lussari, diciotto chilometri e mezzo di pedalate contro il tempo indisturbate perfino da un problema meccanico a metà salita, che lo ha costretto a fermarsi. Alle pendici di Monte Mario salgono con lui sul podio il britannico Thomas e il portoghese Almeida. Italiani sotto tono e peccato per Filippo Ganna, il migliore del lotto, costretto allo stop dal covid. Riprenderà a correre col Giro di Svizzera, per il quale si sta già allenando, visto che nel frattempo si è negativizzato. Così, Roglic conquista il suo quarto grande giro in carriera dopo le tre vittorie alla Vuelta (2019, 2020 e 2021). E di Giro si tornerà a parlare fra dodici mesi. Con l’augurio e la speranza che non si parlerà ancora delle polemiche di quest’anno, dalla la mancanza del protocollo di prevenzione-covid al rischio-sciopero per maltempo dei corridori. Bisogna essere onesti, l’edizione 2023 non sarà ricordata negli annali come indimenticabile.
Massimiliano Morelli