22 Dicembre, 2024
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Istat, nel 2022 cresce l’economia nazionale ma non l’agricoltura

Pubblicato oggi il report Istat “Andamento dell’economia agricola – anno 2022”, da cui emerge un incremento medio dei prezzi dei prodotti agricoli su base annua del 17,7%, ovvero quasi il triplo rispetto alla crescita registrata nell’anno precedente (+6,6%).

L’aumento ha investito tutti gli anelli della filiera agroalimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale sino al consumo finale, configurandosi come un evento di portata straordinaria. L’indice dei prezzi alla produzione non era mai stato così elevato negli ultimi cinquant’anni, aumentati sensibilmente i costi di fertilizzanti (+63,4%), prodotti energetici (+49,7%), acque irrigue (+39%) e alimenti per animali (+25,1%), con avicoli e bovini tra i settori più colpiti, a fronte di un rialzo per i prodotti zootecnici  del +24,3%. Dal punto di vista produttivo il settore zootecnico ha mostrato complessivamente segnali di tenuta, con decrementi di entità contenuta se si tiene conto delle difficoltà legate all’approvvigionamento di fieno e foraggi per il bestiame dovute alla siccità e all’impennata dei costi sopra riportati.

In controtendenza rispetto al resto dell’economia nazionale, nel 2022 il valore aggiunto del settore agricoltura, silvicoltura e pesca è calato, in termini reali, dell’1,8%; in flessione anche volume della produzione (-1,5%) e occupazione (-2,1%). Andamenti negativi per quasi tutte le coltivazioni: in decisa contrazione la produzione di legumi (-17,5%), olio di oliva (-14,6%) e cereali (-13,2%); diminuiscono le attività di supporto (-5,4%) e il comparto zootecnico (-0,6%). Annata molto favorevole per la frutta (+23,2%) e positiva per le attività secondarie (+8,6%) e il florovivaismo (+1,1%). In forte rialzo i prezzi di vendita dei prodotti agricoli (+17,7%) e incremento ancora più consistente dei prezzi dei beni e servizi impiegati dal settore (+25,3%). Produzione e valore aggiunto in deciso calo (-3% e -1,5%) in tutta l’Ue dove l’Italia risulta seconda per valore aggiunto e terza per valore della produzione.

In calo coltivazioni, produzioni animali e servizi di supporto

Il calo dei volumi di produzione nel 2022 ha caratterizzato tutti i comparti produttivi tranne quello frutticolo, florovivaistico e le attività secondarie. Analogamente a quanto avvenuto nel 2021, l’annata è stata negativa per le coltivazioni (-2,5% in volume), con sensibili decrementi per legumi (-17,5%), olio d’oliva (-14,6%), cereali (-13,2%) e piante foraggere (-9,9%); in flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%).
Lo stress climatico patito nel 2022, in particolare la lunga siccità e le alte temperature estive che hanno reso faticoso lo sviluppo vegetativo, è stato il fattore determinante per la sensibile riduzione delle coltivazioni cerealicoleerbacee e foraggere; anche le colture orticole hanno risentito degli eventi climatici sfavorevoli.
Sulla drastica riduzione dell’olio d’oliva ha influito, oltre al fattore climatico, il fatto che il 2022 sia stato anno di scaricaiii per molte delle aree a più alta vocazione olivicola. La produzione ha avuto infatti un marcato decremento soprattutto al Sud (-22,9%) mentre ha goduto di un consistente recupero al Centro-nord (+26,9%). Nel complesso, nel 2022 si è registrato il livello quantitativo più basso dal 1990; la lunga siccità ha però evitato il proliferare di attacchi parassitari permettendo di ottenere una qualità dell’olio superiore alla norma.
Anche la flessione del vino va ricondotta alla siccità e al caldo che stanno minacciando la produzione negli ultimi anni, sebbene il settore abbia mostrato segnali di tenuta salvaguardando le produzioni di più elevata qualità grazie al lavoro di ricerca e impegno dei produttori rivolto a rendere la viticoltura sempre più resiliente alle avversità climatiche e metereologiche.
Per il settore zootecnico, dopo l’andamento positivo evidenziato nel 2021 in termini di volumi sulla scorta della ripresa post-pandemica, il 2022 ha fatto segnare un calo delle produzioni dello 0,6%. In flessione sono risultate le carni animali, soprattutto quelle suine (-2,8%) e il pollame (-1,5%) mentre sono cresciute quelle bovine (+2,5%) come già avvenuto l’anno precedente.
Tra gli altri prodotti zootecnici, hanno subito un lieve calo i volumi del latte (-0,5%) oltre alla perdurante crisi della produzione di miele (-8,1%). Complessivamente, il settore zootecnico ha mostrato segnali di tenuta, con decrementi produttivi di entità contenuta se si tiene conto delle difficoltà legate all’approvvigionamento di fieno e foraggi per il bestiame dovute alla siccità e all’impennata dei costi per i rincari dell’energia e dei mangimi.
In sensibile diminuzione nel 2022 anche le attività dei servizi agricoli (-5,4% in volume), con un crollo delle lavorazioni in conto terzi (-10%) e andamenti negativi per la prima lavorazione dei prodotti e per le attività di manutenzione e supporto nell’ambito delle coltivazioni, attività che invece avevano avuto una buona ripresa nella fase post-pandemica.

Fonte: Istat

Prezzi e costi ai massimi storici

dati del 2022 evidenziano un incremento medio dei prezzi dei prodotti agricoli su base annua del 17,7%, quasi il triplo rispetto alla crescita registrata nel 2021 (+6,6%). L’aumento ha investito tutti gli anelli della filiera agroalimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione industriale sino al consumo finale, configurandosi come un evento di portata straordinaria. A determinare questo fenomeno ha contribuito la combinazione di diversi fattori. Un ruolo determinante ha avuto lo sconvolgimento dei mercati agricoli mondiali causato dal conflitto russo-ucraino: Russia e Ucraina, infatti, erano i principali esportatori di cereali, frumento, mais, semi oleosi e fertilizzanti. A questo si sono aggiunti gli eventi climatici estremi, con l’estensione sempre più invasiva delle fasi calde e siccitose che hanno ridotto sensibilmente i raccolti. Hanno poi inciso anche le pressioni inflazionistiche sui costi energetici.
La serie storica dei prezzi dei prodotti agricoli evidenzia chiaramente il fenomeno: l’indice dei prezzi alla produzione non era mai stato così elevato negli ultimi cinquant’anni: per ritrovare incrementi di prezzo di entità similare a quelli registrati nel 2022 occorre risalire agli anni ’70.
Gli aumenti hanno interessato tutti i gruppi merceologici, ad eccezione della frutta; quelli maggiori hanno toccato foraggi (+40,4%)cereali (+39,5%), pollame (+33,4%), uova (+27,6%) e latte (+26,6%). I prezzi dei prodotti delle coltivazioni sono cresciuti mediamente del 16,7% e, oltre ai picchi di foraggi e cereali, ci sono stati notevoli rincari anche per ortaggi (+20%), legumi (+16,6%), piante industriali (+13,1%) e vino (+11,2%). Ancora più forte il rialzo per i prodotti zootecnici (+24,3%): oltre a pollame e latte, di rilievo gli aumenti dei prezzi delle carni bovine (+19,5%) e suine (+18,4%). Incrementi sono stati rilevati anche per i prezzi delle attività dei servizi (+12%) e per le attività secondarie (+10,5%).
Sul fronte dei costi sostenuti dagli agricoltori, nel 2022 il prezzo medio dei beni e dei servizi impiegati in agricoltura ha subìto un incremento del 25,3% mentre nel 2021 era stato “solo” del 9%. Anche in questo caso il fenomeno rilevato è di portata eccezionale e senza precedenti negli ultimi decenni. Sono cresciuti fortemente soprattutto i costi di fertilizzanti (+63,4%)prodotti energetici (+49,7%)acque irrigue (+39%) e alimenti per animali (+25,1%). Per le coltivazioni i rincari più rilevanti sono stati quelli dei prodotti energetici e dei fertilizzanti, incidendo su tutti i settori, seppur con intensità differente a seconda della combinazione dei fattori produttivi e più accentuati per le coltivazioni industriali e le colture cerealicole. Nella zootecnia gli aumenti più consistenti si sono avuti soprattutto per mangimi e prodotti energetici, con avicoli e bovini tra i settori più colpiti. L’andamento congiunto dei prezzi dei prodotti venduti (output) e di quelli acquistati (input) ha delineato un ulteriore consistente peggioramento della ragione di scambio per il settore agricolo nel 2022.

Fonte: Istat

L’agricoltura sul territorio: dalle ripartizioni alle regioni

L’analisi a livello territoriale per il 2022 evidenzia un consistente calo del volume della produzione nelle aree del Nord-ovest e del Sud (rispettivamente -3,5% e -3%), un calo di minore entità nelle Isole (-1,4%), volumi invariati al Centro e una lieve crescita nel Nord-est (+0,7%). In termini di valore aggiunto tali risultati risultano ancora più amplificati, con il Nord-ovest che perde il 7,6%, il Sud il 2,9%, le Isole l’1,9%, il Centro che segna un valore positivo (+0,5%) e il Nord-est con un buon incremento (+2%). In termini di classifiche regionali, il decremento percentuale più rilevante per volume della produzione nel 2022 è stato toccato dal Molise (-6,7%) e l’incremento maggiore dalla Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (+5,2%) mentre per il valore aggiunto il primato negativo è per le Marche (-14,5%) e il risultato migliore ancora per la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (+14%).

prezzi alla produzione (output) sono cresciuti ovunque, soprattutto in Lombardia (+23,5%), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (+23,1%), Molise (+21,1%), Basilicata (+21%) e Marche (+20,4%); lo stesso andamento, con rialzi più consistenti, si è verificato per i prezzi degli input (consumi intermedi): Puglia (+29,3%), Campania (+27,3%), Abruzzo (+26,4%), Emilia-Romagna (+26,3%), Lombardia (+25,5%) e Veneto (+25,2%) le regioni con i rialzi maggiori.

Fonte: Istat

Situazione Ue, annata negativa per coltivazioni e zootecnia, bene le attività secondarie

Nel 2022 nell’insieme dei Paesi dell’Ue27 le coltivazioni hanno subito una flessione produttiva del 4,4% in volume. Il calo più forte ha interessato foraggere (-13,7%), cereali (-10,2%), patate (-5,2%), ortaggi (-4,9%) e florovivaismo (-3,9%), mentre andamenti positivi hanno caratterizzato il comparto vinicolo (+13,1%), quello olivicolo (+2,5%) e le coltivazioni industriali (+2,3%). Nell’Ue27 i volumi di produzione del settore zootecnico si sono contratti dell’1,9% (in particolare carni suine -4,9% e pollame -2,5%); in positivo invece le attività secondarie (+5,3% la produzione in volume). Riguardo ai prezzi dei prodotti agricoli, le coltivazioni hanno subìto un incremento del 20,6%, con i maggiori rialzi per cereali (+41,5%), patate (+36,8%) e piante industriali (+24,8%), mentre il settore zootecnico ha avuto un aumento dei prezzi decisamente superiore (+29,2%), con un picco per i prodotti zootecnici derivati (+35,1%) e il pollame (+30,6%). Il volume dei beni e servizi impiegati (consumi intermedi) si è ridotto (-4,1%) ma il loro prezzo è cresciuto notevolmente.

Tuttavia, a livello Ue27, la forbice tra la crescita dei prezzi degli output (+22,9%) e quella degli input (+27,1%) è stata più ridotta rispetto a quanto mostrato da alcuni singoli Paesi dove il divario è risultato più accentuato e sbilanciato verso gli input (cioè la crescita dei prezzi dei prodotti acquistati è stata sensibilmente più alta della crescita dei prezzi dei prodotti venduti). Tra i principali Paesi produttori il divario maggiore si è avuto in Portogallo, Danimarca, Spagna, Polonia e Italia, la Francia si è collocata al di sotto della media Ue, mentre in Germania e Romania l’incremento dei costi di produzione è stato inferiore a quello dei prezzi dei prodotti venduti.

Fonte: Istat

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