Riceviamo e pubblichiamo – Sono state riportate alcune dichiarazioni del Vescovo Orazio Francesco Piazza circa il Trasporto della Macchina di Santa Rosa che, se decontestualizzate, potrebbero ingenerare fraintendimenti e disorientamento. Per questo si ravvisa la necessità di qualche chiarimento in merito.
Il contesto in cui sono state fatte le dichiarazioni riportate è stato quello della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica del 17 maggio u.s. in Prefettura. Quanto dichiarato dal Vescovo faceva riferimento alle competenze organizzative dell’evento del 3 settembre, che non sono mai state sotto la diretta responsabilità della Diocesi, ma del Comune di Viterbo, proprietario della Macchina, che consegna ai Facchini, pronta per il Trasporto. La Diocesi, comunque, nel corso degli anni non ha fatto mai mancare il suo specifico apporto alla felice riuscita dell’evento.
Detto questo, però, è necessario sottolineare almeno tre aspetti che bisogna considerare per comprendere la particolarità di un evento unico come quello del Trasporto della Macchina di Santa Rosa, riconosciuto dieci anni fa Patrimonio immateriale dell’umanità.
C’è anzitutto l’aspetto religioso, che è evidente e innegabile.
La Macchina – che nella sua struttura è sempre ricca di richiami e simboli che fanno riferimento all’esperienza cristiana e alla figura di Santa Rosa – è pensata, progettata e costruita per portare l’immagine della Santa.
Ma, poi, il Trasporto stesso – pur non essendo propriamente una Processione – ha una profonda valenza religiosa.
È Santa Rosa che nella “sua Macchina” viene portata per le vie della Città con devozione e amore grande dai Facchini “di Santa Rosa”, appunto.
I Facchini, oltre alle prove di portata, si preparano a questo momento anche spiritualmente. Il giorno precedente il Trasporto sono loro che portano sulle spalle il Cuore di Santa Rosa nella Processione del 2 settembre.
Il Trasporto poi è preparato, nel pomeriggio del 3, dai momenti di preghiera nel “giro delle sette Chiese” e, poco prima dell’inizio, dalla Benedizione del Vescovo nella Chiesa di San Sisto e fuori, davanti alla Macchina.
A questi momenti quest’anno se ne sono aggiunti altri nei mesi passati: tre catechesi del Vescovo ai Facchini nel Santuario di Santa Rosa e la Messa che sempre il Vescovo presiederà per i Facchini il 29 p.v.
La Macchina poi attraversa la Città tra due ali di folla: molti si segnano col segno della Croce, tutti si uniscono al grido “Evviva Santa Rosa”. C’è dunque un clima sereno di festa e di devozione.
All’aspetto religioso si unisce – come valore aggiunto – quello folcloristico, che dice riferimento alla tradizione, alla storia e alla cultura del popolo viterbese. Il folclore religioso è un elemento importante che non va sottovalutato.
Il Trasporto della Macchina di Santa Rosa e la devozione verso la Santa connotano l’identità di Viterbo che, in una ricca varietà di forme e di espressioni, manifesta il suo legame con la sua Santa Patrona.
Infine, sì, il Trasporto della Macchina di Santa Rosa è anche uno “spettacolo”, nel senso etimologico del termine, dal latino “spectare”, “guardare”.
La sera del 3 settembre a Viterbo si può “guardare” uno “spettacolo” stupendo che suscita stupore e meraviglia e che richiama ai valori alti della bellezza e della bontà che Santa Rosa ha incarnato nella sua giovane esistenza.
Tutto questo e molto di più è il Trasporto della Macchina di Santa Rosa, che non sarebbe possibile senza l’amore e la passione grande del “motore umano” che sono i Facchini.
Contemperare e armonizzare i vari aspetti di una Tradizione così radicata nel popolo viterbese con il rispetto delle normative vigenti in materia di ordine e sicurezza pubblica è il delicato compito delle Istituzioni preposte, sapientemente guidate e coordinate dal Prefetto.
A loro la più viva gratitudine per il delicato servizio a cui sono chiamati e, per quanto di sua competenza, la completa disponibilità della Chiesa locale, ad ogni forma di utile collaborazione.
L’augurio è che la festa di Santa Rosa chiami tutti a “fare corpo”, unito e solidale, per il bene di questa nostra Città che Santa Rosa ha tanto amato.
Del resto, non c’è da dimenticare, che, nonostante tutto, a Viterbo “semo tutti de ‘n sentimento”.
Don Luigi Fabbri, vicario generale