A’inizio del nuovo anno scolastico è ormai alle porte. Cosa ci si aspetta da questo prossimo anno scolastico?
Ci sono più elementi che preoccupano rispetto al nuovo anno scolastico ormai alle porte, sono su vari fronti. Il primo è il calo delle iscrizioni, i dati Censis sulla scuola rilevano che a settembre 2023 saranno 127mila in meno gli studenti in tutta Italia occuperanno le aule, a causa del calo demografico. Il secondo dato è quello sugli apprendimenti che, come previsto e più volte segnalato dagli psicoanalisti, rilevano un ritardo e delle difficoltà in tutte le materie dai bambini agli adolescenti. Sappiamo che tutto quello che è accaduto negli anni della pandemia ha avuto delle ripercussioni anche inconsce che impongono una riflessione sul benessere psicologico degli studenti, sui tempi di attenzione e sulla necessità di trovare nuove modalità didattiche.
Uno dei problemi che riguardano tanti adolescenti è il calo dell’attenzione. Si fa fatica a riprendere gli studi, spesso a causa di troppe distrazioni. Come valuta questa situazione?
Dopo l’estate, c’è sempre una leggera fatica a riprendere lo studio soprattutto nelle prime settimane, la scuola per la sua stessa organizzazione, offre una griglia, scandisce il tempo e favorisce il recupero di attenzione. Certamente, la campanella e il susseguirsi ritmico delle ore e delle materie da soli non bastano, è necessario che gli insegnanti incuriosiscano i ragazzi e li stimolino attraverso una partecipazione attiva perché trovino la forza e l’interesse a studiare. I bambini, ma soprattutto gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi coinvolti, partecipi e protagonisti. Artefici del loro sapere. L’utilizzo degli smartphone, lo stare in rete dove cercano certamente divertimento, oltre che relazioni e contatti, dimostra che sono capaci di iniziativa. La tecnologia non è da demonizzare, introdotta ormai da tempo anche a scuola, risulta infatti efficace all’interno di essa, se incanalata verso lo studio e l’apprendimento curriculare. Durante la pandemia, gli adolescenti hanno ampiamente dimostrato di saperla utilizzare bene, partecipando attivamente alla DAD, adesso andrebbe utilizzata per allungare i tempi attentivi e favorire la concentrazione, altrimenti diventa esclusivamente una fonte di distrazione.
Come si può invogliare a riscoprire l’importanza dello studio e della lettura, mettendo da parte gli smartphone?
I ragazzi hanno bisogno di vedere lo studio in un’ottica diversa, per vincere la noia, l’apatia e l’attrazione “magica” per gli smartphone e i loro contenuti. Sappiamo, come del resto, dimostrano anche i recenti studi internazionali, che gli adolescenti trascorrono sempre più ore sugli smartphone e social network, e che sono a rischio dipendenza da tecnologia. Il fenomeno è stato segnalato dagli psicoanalisti e che hanno messo in guardia anche gli stessi insegnanti, che avevano notato in più occasioni i primi effetti correlati. I giovani più sono legati alla piccola tastiera, più hanno difficoltà a concentrarsi a scuola, si addormentano tardi e si svegliano anche durante la notte, se il loro telefonino comincia a vibrare. D’altro canto, se per bambini e adolescenti lo smartphone è ormai un oggetto transizionale, la famosa “coperta di Linus”, un modo per sentire vicini i genitori, coltivare le amicizie, sentirsi affettivamente vicini quando sono fisicamente lontani, allora può essere utilmente proposto come strumento didattico. Anziché veicolare contenuti discutibili e trash che circolano sul web, gli smartphone possono essere uno strumento da cui attingere informazioni e veicolo di cultura, su argomenti indicati e scelti dagli insegnanti. In questo caso, i docenti hanno necessità di apprendere l’utilizzo efficace degli smartphone e della tecnologia a fini didattici e educativi. Poiché gli studenti sono altamente tecnologici, chiedere la loro collaborazione e partecipazione, valorizza competenze e qualità.
Perché crede che lo Studio e la Formazione possano davvero aprire la mente ed essere una leva importante nella vita dei ragazzi per il loro futuro anche lavorativo?
La scuola per i ragazzi è un’opportunità indispensabile di apprendimento, formazione e maturazione. Lo studio, la professionalizzazione e l’essere molto specializzati sono indispensabili per avere una buona collocazione lavorativa, durevole nel tempo. È inoltre indispensabile per ritagliarsi un proprio posto nel mondo, affermando se stessi, con le proprie specificità e la propria personalità. Lo studio è lo strumento più efficace per migliorare e consolidare la propria condizione sociale e personale ed è il migliore “ascensore sociale”, quello che dà più garanzie per il futuro dei giovani. È importante infondere fiducia nelle loro capacità, per recuperare il ritardo accumulato negli apprendimenti, stimolarli a riconoscere le proprie qualità e caratteristiche in modo da orientarsi negli studi superiori e soprattutto universitari che aprono al lavoro. La formula vincente è avere una buona istruzione e cultura personale, sostenuta dai propri desideri e orientata secondo le proprie inclinazioni. È dimostrato che la motivazione e la passione hanno la stessa rilevanza dell’applicazione nel portare al termine gli studi e farsi una solida formazione.
La scuola può mettere in atto azioni per aiutare i ragazzi?
I ragazzi hanno bisogno di vedere lo studio in un’ottica diversa, per vincere la noia e l’apatia. Bisogna incoraggiare gli studenti ad appassionarsi allo studio anche attraverso nuove modalità didattiche, puntando sui contenuti e significati, stimolando il confronto, il dialogo e il dibattito in classe, più che sulla memorizzazione arida di nozioni decontestualizzate. È indispensabile tenere presente il ritardo accumulato durante la pandemia e dare il tempo di recuperarlo. Inoltre, è necessario un intervento specialistico per l’aumento dei disturbi emotivi e del disagio psicologico. Gli insegnanti, in questo, hanno un grande compito e allo stesso tempo una responsabilità. Sono preparati e formati, possono affrontare e vincere anche questa battaglia vitale per il futuro dei giovani, nonostante le difficoltà che, purtroppo, il sistema scuola vive ogni giorno. È senz’altro richiesto un grande esercizio di pazienza e ricettività attiva, associate ad autorevolezza e tenacia.
E invece quale ruolo devono esercitare le famiglie? Spesso i genitori hanno gli stessi comportamenti scorretti nell’uso smodato di telefoni e tecnologie…, cosa può dirci a riguardo?
Quanto ai genitori, invece, è necessaria una maggiore contezza dell’importanza del loro ruolo, di avere maggior polso con i figli e una più assidua collaborazione con gli insegnanti e con la scuola. Spesso i genitori non sono preoccupati dal vedere i loro figli costantemente ripiegati su se stessi e immersi, talvolta “persi”, dentro lo schermo luminoso dello smartphone. Ai genitori è richiesto di essere un po’ coraggiosi, di avere fiducia nelle proprie possibilità, certi che se decidono di vietare l’uso eccessivo del cellulare, andranno incontro alle proteste dei loro figli, perché è normale, l’adolescenza è l’età della contrapposizione e della ribellione e educare implica prendere posizione. Se i genitori sono dipendenti dai loro telefonini, non devono però confondere i propri bisogni con quelli dei loro figli. Inoltre, se gli adolescenti non accettano di essere ripresi per un comportamento simile a quello dei loro genitori, è necessario che questi spieghino che c’è un tempo per ogni cosa. Una volta diventati adulti, perché accadrà anche a loro, anche se ancora non ci pensano, allora decideranno per se stessi e per i propri figli. Fino a quel momento, non è solo un compito, ma è anche un dovere dei genitori dare delle regole e farle rispettare, con affetto e un po’ di polso, spiegando sempre le motivazioni e non accettando un livello paritario con i figli. Di amici se ne hanno tanti, di genitori o chi ne fa le veci, se ne hanno due. La crescita psichica, inoltre, si basa sulle “asimmetrie” con cui inconsciamente si cimenta e di cui si nutre.
Quali consigli si sente di dare agli insegnanti per spronare maggiormente i ragazzi ad un impegno più costante?
Innanzitutto, deve esservi una progressione nelle ore di studio, quindi nei compiti assegnati per casa e nella programmazione delle verifiche scritte e orali.
– La progressione è sia nel ciclo di studi (dal primo all’ultimo anno delle scuole medie e delle superiori), sia tra l’inizio della scuola e la fine del primo quadrimestre. Studenti, insegnanti e genitori sanno bene che a febbraio c’è sempre una caduta dell’attenzione e della concentrazione dovuta alla stanchezza psicofisica, indipendentemente dai voti del primo periodo. Inoltre, gli studenti hanno un aumento della capacità di applicazione mano a mano che ci si avvicina alla fine della scuola, un po’è fisiologico, un po’è lo sprint finale, un far ricorso alle forze residue, avendo la prospettiva del lungo periodo di riposo estivo. Naturalmente, questo non si verifica nei giovani che soffrono di depressione, poiché l’umore deflesso toglie energia fisica (astenia) e mentale (anergia), desincronizza i ritmi interni causando problemi di attenzione e concentrazione, e i ritmi psico-fisici (sonno-veglia, fame-sazietà).
– La programmazione è fondamentale. La vita lavorativa è tutta incentrata su una stretta programmazione, dall’orario di lavoro al piano ferie, al corretto bilanciamento del tempo tra lavoro e vita privata (work life balance). La scuola ha il compito e il dovere di insegnare la programmazione fin dalle medie e con maggior rigore alle superiori, a partire dalle piccole cose: calendario annuale delle verifiche scritte e orali, per tutta la classe (non solo per gli studenti con PDP); stabilire i giorni di ogni settimana in cui gli studenti devono organizzarsi tra di loro per andare volontari.
Quanto conta il riuscire ad acquisire un buon metodo di studio?
È indispensabile. Il metodo di studio non è né intuitivo, né spontaneo e tantomeno naturale. È uno degli apprendimenti fondamentali che i docenti dovrebbero insegnare agli studenti e tramettere ai genitori, in modo che possano aiutare i figli a casa. Quando a scuola non viene fatto, le famiglie si trovano nella situazione di dover ricorrere a insegnanti privati che insegnino ai figli, anche in poche lezioni, il metodo di studio.
Quali consigli si sente di dare ai genitori che hanno la responsabilità di guidare i propri figli nel loro “excursus vitae et studiorum”?
– Sostenere con pazienza i propri figli quando hanno necessità di prenderei un po’ tempo per scegliere, dando però loro “un tempo massimo” entro cui decidere;
– Far sentire i figli protagonisti delle proprie scelte, sapendo che lasciarli liberi di scegliere non significa lasciarli liberi affidarsi a mode, influencer e coetanei ma aiutarli a scoprire le proprie inclinazioni;
– Tenere presente che i figli non sono tutti uguali, stimolare ogni figlio a valutare a scoprire le proprie qualità, gli interessi, le capacità e limiti;
– Aiutare i figli a osservare il mondo intorno a sé e scegliere tra le opportunità che esistono nella realtà. L’esame di realtà aiuta a non abbandonare i progetti e gli studi perché non corrispondono alle proprie fantasie interne o aspettative idealizzate;
– Informarsi sulle scuole e non avere paura del nuovo, sapendo che esiste inconsciamente una resistenza al cambiamento e alcune preoccupazioni legate agli aspetti traumatici di tre anni di pandemia;
– Prestare attenzione a non proiettare nei figli le proprie delusioni scolastiche o aspirazioni non realizzate, i figli non possono risarcire i genitori delle delusioni, ognuno può riparare le proprie ferite interiori soltanto lavorando su se stessi con il proprio psicoanalista;
– Incentivare e organizzare le attività extrascolastiche e praticate nel tempo libero, poiché permettono a genitori e figli di scoprire e coltivare interessi, e individuare attitudini e capacità;
– Considerare per i figli test diagnostici di orientamento e una consulenza con uno psicoanalista, per aiutare e sostenere nella scelta degli studi.
Marialuisa Roscino