23 Dicembre, 2024
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A proposito di disagio giovanile

“Ci sono diversi modi di affermare la propria personalità. Oggi, in un momento in cui tutto sembra negativo, la maniera più semplice, ma anche peggiore, è quella di fare delle cose eclatanti, magari contro la legge o contro il senso comune, di kantiana memoria”. È quanto afferma la psicoanalista Adelia Lucattini componente della Società Psicoanalitica Italiana in merito agli ultimi casi di violenze che hanno visto protagonisti giovani e minorenni, e che hanno portato il Governo italiano ad approvare il decreto-legge Caivano su Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile.

“I ragazzi si perdono in un oceano di informazioni, di dati e di stimoli diversi, dispersivi, soprattutto se la famiglia, la scuola e gli educatori non riescono a guidarli e ad aiutarli ad avere una corretta percezione della realtà e di se stessi”, spiega Adelia Lucattini, “Questa situazione porta i giovani a sperimentare una sorta di nomadismo mentale e di distacco emotivo dalla realtà. Se a questo, si associa la mancanza di un’educazione affettiva e sentimentale, e di riferimenti concreti, si può generare un’autentica paura nei confronti dell’avvenire e anche di ogni impegno definitivo. Questo può essere correlato al travaglio che sta vivendo in questi anni il mondo della scuola e ai mutamenti culturali in atto, tra cui l’applicazione delle nuove tecnologie in vari ambiti della vita e della convivenza civile, aspetto che ha già provocato e indurrà ulteriori notevoli cambiamenti nei processi di apprendimento, di stili relazionali, di tempi di sviluppo e maturazione della personalità”.

Se da un lato la tecnologia si accompagna a fenomeni positivi, quali la facilitazione della comunicazione, l’arricchimento negli scambi anche a distanza, la circolazione e condivisione delle informazioni, il superamento delle frontiere, non mancano, tuttavia, conseguenze negative, quali la superficialità per cui i giovani sono più informati ma meno formati di un tempo a parità di scolarizzazione, il rischio di frammentazione anche interna e la conseguente riduzione di creatività e ingegno. La creatività, si sviluppa attraverso le esperienze sensoriali e le attività artistiche (disegno, musica, etc.) che richiedono materiali da manipolare (creta, colori, carta, etc.), l’utilizzo di tutte le dita e la presenza fisica di un maestro, aspetti importanti anche per lo sviluppo anche dell’ingegno, della razionalità, della capacità di pensare, assenti nel mondo digitale dei social e del web. Di fronte a tutto questo, gli educatori devono raccogliere “la sfida di formare persone complete, sviluppate armonicamente in tutte le loro facoltà e dimensioni”.

Quanto ai recenti episodi di violenza, che hanno caratterizzato le cronache delle ultime settimane, essi rappresentano “un malessere non generalizzabile alla maggioranza dei giovani. Esistono naturalmente “ragazzi problematici”, che possono deviare verso il bullismo o organizzarsi in baby-gang violente, divenendo autori di aggressioni contro il patrimonio e i beni pubblici, e contro le persone sotto varie forme, dai pestaggi agli stupri, di cui sono drammaticamente piene le cronache. Le baby-gang e i gruppi devianti (il branco) sono organizzate intorno ad uno o più leader, spesso con tratti di personalità sociopatici,  che sottomettono, trascinano e spesso terrorizzano gli altri compagni che si aggregano e finiscono per sostenerli. Nel complesso, sono ragazzi dalla personalità fragile, senza una vera ‘coscienza’, quella che unisce le persone nel buon ‘sentire comune’, nell’agire per il bene reciproco e della comunità in cui vivono.  I giovani devianti si sostengono e galvanizzano a vicenda, ricorrono all’aggressività per evitare i problemi interiori e per affrontare le difficoltà esterne, poiché questo è l’unico modo che conoscono e al quale sanno fare ricorso, il modo che li fa sentire potenti, forti e vincitori”.

“Tuttavia”, avverte Lucattini, “sono casi estremi, una minoranza assoluta e totalmente non rappresentativi dei giovani di oggi. Fanno parte di quei giovani da aiutare e recuperare già nell’adolescenza, perché non divengano adulti marginali o autori di reato recidivi”. Su un aspetto bisogna però riflettere: ”Bulli non si diventa dall’oggi al domani. In molti casi, questi adolescenti hanno vissuto per anni in una condizione di disagio interiore, in nuclei familiari con difficoltà psicologiche o sociali, in una condizione di emarginazione interiore o ambientale, e talvolta di entrambe. È fondamentale agire contro tale fenomeno a partire dalla scuola e offrendo un sostegno psicologico e sociale alle famiglie”.

Il fenomeno delle baby-gang “è preoccupante e per questo è necessario saperlo osservare e comprendere, bisogna non abbassare la guardia rispetto ai comportamenti distruttivi, agire sulle cause attraverso la prevenzione che è composta da un paniere d’interventi sinergici: educazione attraverso la scuola, attività extra-scolastiche accessibili a tutti (musica e sport), sostegno alle famiglie economicamente svantaggiate e opportunità lavoro. Inoltre, offrire dei modelli virtuosi, mostrare che attraverso lo studio si hanno prospettive reali di miglioramento personale e sociale. Per strappare gli adolescenti alla depressione e alla sfiducia nello Stato, è necessario sottrarli al “fascino mefistofelico” della criminalità, offrendo delle alternative valide e realistiche. Infine, una prevenzione del disagio psicologico con centri di ascolto gratuiti diffusi nel territorio in modo capillare”.

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