Al teatro Charles de Foucauld un team altamente qualificato di psicologi, psicoterapeuti, psichiatri affronta gli aspetti terapeutici della cura fisica, psichica e spirituale in un percorso oncologico
A Bracciano, nel teatro Charles de Foucauld, si è tenuto il 2° Convegno “Uno Spazio per te”, in cui medici qualificati, con un sapiente lavoro di squadra, sostenuti da numerosi patrocini, hanno trattato il tema della cura del paziente oncologico. Hanno aperto i lavori con un saluto di benvenuto la dottoressa Rosaria Giagu, che ha dato il via al progetto, l’oncologo dottor Lembo, che anima la stagione teatrale e come presidente dell’Associazione generazione Musica da anni promuove eventi a favore della ricerca oncologica; il parroco don Fernando per il quale la guarigione avviene anche mediante esperienze di tipo spirituale. Attraverso narrazioni, filmati e riflessioni chiare, concrete, dirette ogni relatore ha documentato le infinite possibilità di aiuto che possono offrire i medici, gli infermieri, i famigliari e più in generale tutti i caregiver, cioè tutte le persone che si prendono cura di un paziente mentre affronta un percorso di particolare sofferenza e infermità. Gli interventi dei relatori si sono susseguiti in maniera serrata, Si sono espressi psicoterapeuti, psichiatri, medici, psicologi e psiconcologi, dalla dottoressa Isabella Sturlese a Dianella Viola, da Sonia Marini a Carlotta Benitez, dal dottor Mario Rosario d’Andrea ad Alberto Tagliapietra, da Massimo Marinelli, al neuropsicologo Luciano Giacobbe che ha chiuso il convegno con parole di speranza.
Tutti hanno messo in evidenza come non sia sufficiente concentrarsi sulla cura “tecnica” della malattia perché è necessario prendersi cura del paziente in quanto persona, nella sua totalità composta da corpo e psiche o spirito. Dunque, occorre porre attenzione non solo alle “ferite” profonde che la malattia infligge sul suo corpo, ma altresì prendendosi cura del suo “sentire” in modo che la paura, la rabbia, la perdita dell’integrità e dell’identità non lo travolgano e non travolgano la sua famiglia È questo concetto il filo rosso che ha legato insieme tutte le relazioni. Un sostegno concreto a prendersi cura anche di se stessi è giunto ai caregiver famigliari, invitati a non trascurare gli effetti negativi di un iper coinvolgimento, a controllare lo stress e la depressione, a superare il senso di inadeguatezza e la frustrazione imparando ad accettare i propri i limiti e ciò che non potranno cambiare ma valorizzando al massimo il momento presente. Il dottor Mario Rosario D’Andrea, responsabile dell’U.O, Oncologia, presidio ospedaliero Padre Pio di Bracciano, rafforza il concetto della vicinanza al paziente che va preso in cura nella totalità del suo essere persona. Egli mostra immagini e servizi del nuovo reparto oncologico di cui è responsabile; informa sulla possibilità per il paziente di poter usufruire di un sostegno psicologico, per ora grazie all’impegno dei servizi sociali.
“Il Governatore Rocca ha promesso finanziamenti per il sostegno psicologico del paziente oncologico – dice il dottor Mario Rosario D’Andrea – un servizio che spesso il paziente non richiede ma al momento dell’accoglienza sarà cura del presidio indirizzare verso tale possibilità”. Egli esprime il convincimento che il servizio pubblico trarrà giovamento da una proficua collaborazione con il mondo dell’associazionismo e dal contributo di una rete regionale attenta alle cure palliative e alla terapia del dolore. Un messaggio chiaro è giunto da tutti: per prendersi cura degli altri occorre prima che impariamo a prenderci cura di noi stessi perché si aiutano gli altri non solo con le parole ma attingendo forza dalle nostre parti più profonde. Noi non siamo solo corpo non siamo solo mente per questo occorrono interventi integrati che tengono conto di tutti i processi che si mettono in moto nella salute e nella malattia senza dimenticare di onorare sempre la vita.
È stato spiegato in modo chiaro e coinciso cosa sia un tumore, come agisce e si è suggerito come comportarsi perché questa malattia ci fa concentrare sulla sottrazione della vita, annulla la nostra identità e rischia di annullare tutte le identità della famiglia. Per salvare la vita e l’identità e per affrontare il dolore sono state utilizzate tre parole chiave: curare; prendersi cura di sé (ciò vale per il paziente e per chi lo assiste); essere accurati (che significa conoscere la storia del paziente, permettergli di esprimersi e di raccontare le proprie emozioni). Le relazioni non hanno dato solo spunti di riflessioni ma indicazioni concrete per evitare la frustrazione e il senso di impotenza che può colpire qualsiasi care giving, dal medico agli infermieri, ai familiari che agiscono come una rete di protezione. I lavori sono continuati nel pomeriggio in un workshop tenuto dalle 16,00 alle 20,00 con la co-conduzione di Rosaria Giagu e del dottor Egidi Valerio. Un grande plauso è giunto da tutti alla dottoressa Rosaria Giagu per i suoi principii ispiratori e la capacità organizzativa che ha smosso molteplici partnership del territorio.
Anna Maria Onelli
Redattrice L’agone