Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a settembre 2023 sale del 3% rispetto a settembre 2022.
“Urge che gli stipendi siano adeguati al costo della vita. E’ vergognoso che il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, per quanto in calo, sia ancora pari a 29,1 mesi, ossia quasi due anni e mezzo e che poi, dopo tutto questo tempo, la retribuzione oraria media salga solo del 3% su base annua nonostante un’inflazione alle stelle, che per quanto a settembre sia calata, è ancora pari al 5,6% per l’indice Ipca” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Non è solo un fatto di equità sociale, ma anche economico. Fino a che non si preserverà il potere d’acquisto delle famiglie, i consumi resteranno al palo e di conseguenza il Pil crescerà con il contagocce” prosegue Dona.
“Secondo i dati Ocse l’Italia è il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie. Per questo serve una legge che preveda, in caso di mancato rinnovo dei contratti oltre i due anni, che scatti in automatico il ripristino della scala mobile all’inflazione programmata, magari solo per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro, così da evitare il rischio di una spirale salari – inflazione” conclude Dona.