Gli eccessi vengono inghiottiti dalle paludi della normalizzazione
Riparte l’anno scolastico ed ecco riproporsi l’affaccendarsi degli istituti d’istruzione alla realizzazione del programma di prevenzione più efficace; come se la pausa estiva sospendesse la necessità di intervenire sulla deriva dei comportamenti giovanili perché le soluzioni e le strategie di contenimento sono e debbano rimanere di esclusiva pertinenza della scuola.
Eppure la cronaca degli ultimi mesi riporta paradossalmente un incremento delle condotte deviate dei ragazzi, un sempre più marcato distrofismo dell’incoscienza che sconfina nell’assurdità, lo spostamento dell’asticella del limite verso il sempre più oltre, una “dispercezione” dei valori essenziali, primo fra tutti quello della vita.
Una corsa affannata sulla necessità di cambiare le rotte crea la sensazione frustrante di arrivare sempre in ritardo sugli eventi che si susseguono; nel frattempo le ragazzate diventano azioni immorali, poi illegali, per diventare orrore talvolta, rendendo ragazze e ragazzi protagonisti di una cronaca dalla quale dovrebbero rimanere esclusi.
Così, mentre le istituzioni delineano normative e programmi di attuazione, mentre la scuola trova la quadra degli interventi da inserire tra la programmazione didattica e migliaia di genitori appaiono in tutt’altre faccende affaccendati, gli eccessi giovanili vengono inghiottiti dalle paludi della normalizzazione in una tendenza di assuefazione lenta e progressiva, lavacro delle coscienze e delle responsabilità.
Vorrei non apparire, perché so di non esserlo, membro di quegli eserciti di spettatori sdegnati che si limita a una reazione di risentimento sterile e velenoso con cui rivolgere la propria reazione rabbiosa su capi espiatori di comodo, ma senza alcun proposito o aspirazione per modificare lo stato di cose.
Sono indignato, però, e demarco la differenza con lo sdegno, agendo un’idea nobile di rifiuto attivo con il mio lavoro silenzioso ma instancabile; esprimo così la mia risoluta ribellione all’offesa provocata dalla tendenza a lasciar scivolare i giovani in un viscoso liquame di ineluttabilità per essere trascinati nella cloaca massima dell’indifferenza.
Sono consapevole, però, che la prevenzione e l’inversione di tendenza non possano passare esclusivamente attraverso convegni, tavoli scientifici, legiferazioni e programmi educativi di riparazione culturale.
Non servono specifiche competenze per prendersi cura di un’adolescente, basti pensare a che funzione fondamentale assolverebbe il buon senso e soprattutto l’amorevolezza con implicazioni essenziali quali il dialogo, l’ascolto attivo, l’esempio, requisiti questi in capo ai nuclei familiari.
Continuerò a indignarmi e a fare quello che posso, considerando gli attori delle commissioni più scellerate semplicemente delle vittime di un sistema maligno e cinico, asservito alle logiche del guadagno prima che a quelle etiche; d’altronde, in questo tempismo imperfetto con cui stiamo tentando di salvare i nostri giovani, resta quanto mai valido quanto affermato dalla scrittrice austriaca Alma Mahler, ovvero che “tra troppo presto e troppo tardi non c’è che un attimo”.
Gianluca Di Pietrantonio
Criminologo forense