In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, all’interno della Casa Circondariale di Velletri è stato proiettato il documentario Lee and Me, che affronta da un’insolita prospettiva il tema degli abusi di genere.
Il documentario, scritto e diretto da Alessandro Garilli, è arricchito dalla partecipazione di Maria Rita Parsi, psicologa, psicoterapeuta, docente universitaria, che via via chiarisce i comportamenti e le dinamiche che segnano l’esistenza sia delle vittime sia dei carnefici e sottolinea la responsabilità fondamentale delle due primarie agenzie educative, ovvero la famiglia e la scuola.
In occasione della proiezione abbiamo intervistato il Funzionario Giuridico Pedagogico della Casa Circondariale di Velletri Dott.ssa Sabrina Falcone
“Quando Claudio e Alessandro ci hanno presentato l’idea di girare Lee and Me nell’Istituto penitenziario di Velletri avevamo mille dubbi e perplessità. Abbiamo sempre combattuto contro qualsiasi tentativo di strumentalizzazione di coloro che stanno scontando una condanna penale per fini che non avevano nulla a che vedere con ciò che noi definiamo “intervento trattamentale”, ossia un intervento teso a far comprendere il disvalore dell’atto deviante. Man mano che ci raccontavano quello che avrebbero voluto fare, la storia di Lee Miller, della sua violenza, del suo dolore, abbiamo riconosciuto in quel racconto tutta la sofferenza che avevano provato anche quelle che erano state le vittime di coloro che in quel momento seguivamo come operatori penitenziari. Riuscire a far narrare da sex offenders i momenti brucianti e squalificanti di una violenza sessuale, avrebbe potuto essere un obiettivo che andava aldilà di qualsiasi semplice “riflessione sulla condotta antigiuridica”, perché significava provare empaticamente il dolore di qualcuno che avevano martoriato, defraudato, violentato. E le emozioni colpiscono come frecce ed arrivano nel profondo, più di mille parole.
La “grande bellezza” di questo lungometraggio sta proprio in questo. Non era la donna vittima dell’abuso a raccontare il suo dolore, ma l’uomo “carnefice” a narrare quella violenza, ad entrarci dentro per arrivare, alla fine, a chiedere perdono. Anche il “violentatore” non veniva dipinto come il “mostro”, ma come un uomo con il suo passato che da vittima egli stesso, era diventato carnefice. Lee and Me è un lungometraggio che affronta la grande sfida di dare una visione delle situazioni a 360 gradi, un messaggio deflagrante contro la violenza sulle donne, che analizza nei suoi contenuti i mille complessi particolari della violenza stessa, con tutti i suoi attori principali e che conduce alla riflessione finale che ciascuno di noi ha la sua piccola parte di responsabilità (famiglia, scuola, istituzioni) nel comprendere, lottare ed abbattere l’alto muro della violenza. Perchè cercare e costruire i “mostri” è un meccanismo perverso e semplicistico per ovviare a ciò che ciascuno di noi potrebbe fare per far sì che non cadano corpi innocenti. E’ vero il muro della violenza è altissimo, ma uno tsunami è fatto di milioni di piccole gocce, ed il mio augurio è che Lee and Me sia una di quelle piccole gocce che contribuiranno a far cadere quel muro.”
Giovanni Furgiuele
Presidente L’agone nuovo