“La capacità predittiva dei flussi di capitale” è tema del convegno in programma giovedì 5 dicembre, alle ore 16.30, nella sala conferenze del Circolo degli Affari Esteri di Roma (Lungotevere dell’Acqua Acetosa, 42). L’iniziativa è promossa in occasione della presentazione del libro “Capitali coraggiosi – Un viaggio nella finanza privata dalle strade di San Francisco ai grattacieli di Wall Street” (Armando Editore) di Bepi Pezzulli.
Tra i relatori, oltre all’autore Pezzulli, ci saranno il Presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa, Paolo Savona, l’esperto di analisi finanziaria, John Douglas Stewart, e l’Ambasciatore Emerito, Consigliere diplomatico (già con i presidenti del consiglio Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Silvio Berlusconi e Lamberto Dini), Sergio Vento. A introdurre i lavori saranno Pierfrancesco Savona (Italian International Economic Center) e Pierluigi Testa (Presidente del Think Tank Trinità dei Monti).
I grandi flussi di capitale posseggono una forte valenza predittiva. Dall’esame dell’allocazione degli investimenti internazionali, è infatti possibile anticipare gli eventi globali e prevedere gli effetti che si verificano nel breve e nel lungo termine dall’intersezione di finanza, tecnologia e geopolitica. A questa e alle altre complesse domande poste dai nuovi paradigmi economici risponderanno i relatori in questo incontro di studio, mescolando esperienze nel settore pubblico, nel settore privato, dal lato delle autorità di vigilanza e dal lato dei mercati.
Il libro “Capitali coraggiosi” discute il ruolo del private capital nell’economia, illustrandone le funzioni procicliche e anticicliche. Secondo l’autore: “Uno dei miti più resistenti nell’immaginario economico è che i fondi d’investimento finanzino buone idee o imprenditori creativi. La realtà, molto più sensata, è che il private capital investe in industrie trasformative, che nel medio-lungo termine possano disporre di un vantaggio competitivo rispetto all’insieme del mercato”. Scrive ancora Pezzulli: “Piuttosto resistente è anche l’idea che il private capital si esaurisca in una iniezione di capitale di rischio nelle imprese. La realtà, molto meno intuitiva, è che il private capital attiva soprattutto leve non finanziarie, quali la disciplina di mercato, il trasferimento di know-how e la cultura d’impresa”.