Cambiamenti climatici, uno studio scientifico su querce e faggi secolari
“I nostri risultati suggeriscono che l’aumento della sensibilità al riscaldamento climatico in siti climaticamente marginali può influenzare negativamente le capacità di adattamento capacità delle specie bersaglio, determinando un potenziale cambiamento della composizione”. Si legge così nelle conclusioni dello studio “Dinamiche di crescita guidate dal clima e inversione di tendenza di Fagus sylvatica L. e Quercus cerris L. in una faggeta a bassa quota dell’Italia centrale” appena pubblicato su “Science of the Total Environment”, rivista scientifica internazionale di scienze ambientali del gruppo editoriale olandese Elsevier.
Finanziato dal parco naturale regionale Bracciano-Martignano per comprendere l’effetto dell’abbassamento del livello idrometrico del lago di Bracciano sulle dinamiche di crescita della faggeta termofila di Oriolo Romano patrimonio mondiale dell’UNESCO, lo studio è stato condotto da un’equipe di ricercatori italiani guidata da Gianluigi Mazza, responsabile del laboratorio di dendroecologia del centro di ricerca foreste e legno (CREA) di Arezzo che si occupa della comprensione della biologia degli alberi.
“Nelle regioni altamente sensibili ai cambiamenti climatici, come il Mediterraneo, è necessario aumentare la conoscenza dei cambiamenti climatici le dinamiche di crescita sono necessarie per la conservazione dell’habitat e per prevedere l’adattabilità delle specie in futuro cambiamento climatico. In questo studio, testiamo un ampio spettro di segnali climatici, non solo mensili e stagionali ma anche su scala pluriennale, includendo l’analisi del singolo albero per rispondere a questo problema”.
La ricerca ha preso in esame la foresta di querce e faggi secolari attraverso un’analisi durata otto mesi e finalizzata a valutare la sensibilità della “Fagus sylvatica” e della “Quercus selvis” alla variabilità climatica e idrologica. Il primo monitoraggio ha riguardato le zone di Bassano Romano e Monte Raschio.
“Dopo gli anni ’90 – continua la ricerca scientifica – i faggi hanno mostrato una diminuzione della crescita, dovuta al clima, rispetto alle querce, soprattutto dopo il 2003”. I ricercatori concludono lo studio affermando che la selvicoltura orientata dovrebbe essere accompagnata con strategie mirate all’adattamento climatico “basate sul diradamento selettivo per ridurre il declino della crescita e il relativo rischio di mortalità”, migliorandone così la resilienza e favorendone la naturale rigenerazione e la conservazione dell’habitat in vista degli scenari prossimi al cambiamento climatico. “Tuttavia, sono necessari sforzi di ricerca coordinati per quantificare le criticità soglie climatiche per mantenere la crescita e la vitalità al limite secco dell’areale di distribuzione delle specie, compresi studi molecolari per introdurre produrre genotipi e provenienze più resistenti alla siccità”.