Quando le riflessioni di un’insegnante sulle buone maniere aiutano a crescere
In questi giorni si è tornato a parlare dei bambini italiani come i più maleducati tra tutti quelli europei. Già diversi anni fa, uno studio condotto da un’equipe internazionale diretta da Massimo Cicogna, psico-antropologo, scriveva che i bambini italiani erano i più maleducati d’Europa, soprattutto al ristorante. Un articolo del “Gambero Rosso” descrive ciò che combinano i bambini mentre i genitori chiacchierano tranquillamente indisturbati: “Mani intrise di sugo strisciate sui muri, lancio di pezzi di pane, tovagliolo inzuppato nella bibita o nel pappone mescolato nella coppa gelato, bagni allagati e rivestiti di carta igienica”.
Vi sono ristoratori esasperati che hanno vietato da tempo l’ingresso ai bambini scrivendo un cartello simile a questo: “A causa di episodi spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, in questo locale non è gradita la presenza di bambini minori di anni cinque, nonché l’ingresso di passeggini e (o) seggioloni per motivi di spazio. Certi della vostra comprensione, si ringrazia anticipatamente la gentilissima clientela”.
Capisco che molti genitori ne siano dispiaciuti, ma quando i bambini sono indesiderati nei locali pubblici non lo sono perché non sono amati, ma per il loro comportamento ineducato. Onde evitare che siano sempre più numerosi i locali che si autoproclamano “children-free”, perché escludono dalla loro clientela le famiglie con bambini, c’è un solo rimedio: educare i propri figli alla tavola. Infatti, le buone maniere hanno in sé il senso civico e non sono una componente innata, esse vanno acquisite in famiglia con il buon esempio, l’insegnamento e la pratica. È dunque un’educazione che deve iniziare a casa abituando i bambini a non dondolarsi sulle sedie, a non far cadere sempre qualcosa, a non alzarsi continuamente da tavola, a gestire lacrime e strilli, a reagire di fronte a un piatto che non piace, a usare correttamente il cibo e le posate.
Allenare i figli ai principi di una buona educazione, significa insegnare loro anche le buone maniere al ristorante, dove non si disturbano gli altri clienti né urlando, né correndo, né si può intralciare il lavoro dei camerieri girando continuamente tra i tavoli.
Non possiamo rivendicare la libertà di movimento dei bambini senza rispettare tutti quei clienti che desiderano mangiare in tranquillità: vi sono quelli che lasciano a casa i figli propri per godersi la serata, quelli che i figli non li hanno o addirittura non li hanno mai voluti. Dunque, molti genitori più che autogiustificarsi con la frase “i bambini non sono maleducati, sono semplicemente vivaci perché sono fatti così”, prima di andare al ristorante, dovrebbero rappresentare e ribadire ai figli che quello è un luogo dove occorre essere rispettosi verso le persone e le cose. Non dimentichiamo che sono le buone maniere che favoriscono l’ingresso dei nostri figli nel mondo degli adulti, perché valorizzano e accrescono la loro indipendenza, le capacità, l’efficienza e l’’autonomia. Per questo è possibile dire che: “Chi educa alla tavola educa alla vita”.
Anna Maria Onelli