Introduzione
C’è qualcosa di normale a essere speciale.
Andrea, perché vuoi scrivere la tua biografia? La sua risposta, come molte altre volte, è stata di una semplicità spiazzante: «Per raccontarmi».
Punto. Uno a zero per Andrea.
Questo per me è un libro speciale, con implicazioni affettive importanti, ma credo che possa essere una lettura utile a tanti, soprattutto a chi cerca la definizione di normalità. Andrea ci guida nella sua normalità, che è caratterizzata dal bianco e dal nero, da linee dritte, da una logica ferrea: perché scrivere una biografia? Per raccontarsi, ovvio.
Ma anche per vincere la guerra, quella con il mondo intero. Sì, perché Andrea ha dovuto combattere contro tutto e contro tutti, da sempre. Muoversi, parlare e relazionarsi senza capire dove tutto il resto del mondo va a parare non è semplice. Con questo libro Andrea ci fornisce un paio di occhiali speciali per guardare il mondo dal suo punto di vista. Ed è una meravigliosa scoperta.
Pagina dopo pagina si ripresenta la domanda: che cos’è normale? Quello che vorremmo vedere o quello che vediamo? Non a caso il libro si intitola “Questo mondo adesso è anche mio”. Perché la scrittura per Andrea, come per tanti altri, è soprattutto catarsi. Attraverso la scrittura Andrea si è riappropriato della sua vita, si è liberato di tante esperienze traumatizzanti, “scrivendole fuori”. Ecco perché tanti dettagli, che a una prima lettura potrebbero sembrare superflui.
Ci sono descrizioni minuziose di cose apparentemente superflue e passaggi veloci di eventi drammatici: le prime servono alla “restituzione” completa del vissuto, i secondi a superare. I periodi di rabbia, la soddisfazione per le piccole cose, le passioni: tutto viene raccontato senza filtri. Una bellissima normalità. Più che un libro, quindi, è un flusso di coscienza, è una terapia. Andrea ha la fissa per la perfezione. “Tutti sbagliamo, ma se ci fosse la perfezione il mondo sarebbe ancora più bello”: logica ferrea, non fa una piega. E allora perché per tutta la vita Andrea si è dovuto piegare alla nostra logica e il resto del mondo non si è mai voluto sforzare di capire la sua?
Mettiamo gli occhiali, entriamo nel magico mondo di Andrea.
“Io sono quello che sono e questo è tutto quello che sono”. Che altro volete?
Ouverture
Una frase semplice e allo stesso tempo profonda diceva: “Io sono quello che sono e questo è tutto quello che sono”. L’aveva detta il marinaio Braccio di Ferro; sì, proprio lui, il mitico Popeye. In un certo senso mi rispecchia molto, nel senso che anch’io sono fatto così come sono e mi sta bene. Solo una cosa avrei voluto ardentemente: la perfezione; mia madre mi ha sempre detto che nessuno è perfetto, tutti abbiamo pregi e difetti, e va bene, ma se ci fosse la perfezione, secondo me il nostro mondo sarebbe ancora più bello di quanto non lo sia ora. Inoltre tra le cose che non sopporto (che purtroppo sono tante) ci sono gli sbagli, già al sentire questa parola mi innervosisco. Errare è umano, tutti sbagliano, d’accordissimo, ma non c’è niente da fare, io odio sbagliare, mi porta a pensare di essere un incapace e mi fa perdere la fiducia in me stesso. Invece quando non sbaglio e mi sento dire “Bravo Andrea”, divento più sicuro di me stesso e più sereno; così posso continuare dritto per la mia strada, stando sempre attento a non sbagliare. Sarà perché questa cosa degli errori è un mio problema, una pippa mentale, un disagio… ah no, questo ve lo racconterò più avanti. Però ora come ora mi rendo conto perfettamente di quanto possa essere stato una rottura di scatole per molti, a causa del mio essere sempre precisino, forse presuntuoso, signorino “so tutto io”, con il palo nel culo – ahia, ho detto una parolaccia e purtroppo non sarà l’unica che dirò – e con la puzza sotto il naso.
C’è il rischio concreto che possa costare anche a me questa cosa di aver voluto scrivere questa autobiografia. Insomma, autobiografia, quelle le scrivono i personaggi famosi e io non lo sono (anche se ho sentito dire che tutti hanno il diritto di avere quindici minuti di notorietà), nel mio caso si potrebbe trattare di una versione completa del famoso “Caro diario”, ecco, penso che quello lo possiamo scrivere anche noi comuni mortali.
Ne ho parlato con la mia famiglia durante una splendida vacanza a Otranto e loro mi hanno chiesto perché volessi scrivere il mio racconto, cosa mi ha spinto a farlo e perché proprio ora. Me lo ha chiesto anche mia zia; io ho dato la stessa risposta, ovvero che è da una vita che sento il bisogno di scrivere questo “Caro diario completo”, perché c’è sempre qualcosa che mi spinge a raccontare la mia vita, forse perché ho tratto ispirazione dai libri autobiografici di alcuni personaggi noti.
Capiterà che io parli più volte di qualche argomento che ad alcuni di voi sicuramente non interessera nemmeno, ma come ho detto, sto
semplicemente raccontando tutto quello che ho vissuto, dalle cose importanti a quelle meno importanti.
Comunque ho deciso di scrivere anche per far capire meglio a tutti chi sono: io mi ritengo una persona buona ed educata, ma quando vedo qualcosa che mi dà fastidio, o peggio, quando mi viene fatto un torto mi arrabbio; chiaramente in pubblico devo cercare di controllarmi, pena bruttissime figure. Qualche volta purtroppo mi è successo di non rispondere più di me, di perdere la testa e di arrabbiarmi molto pesantemente, rischiando di diventare arrogante e maleducato, ma vorrei sapere a chi non è mai successa una cosa del genere. Potrei definirmi un Dottor Jekyll che diventa Mr. Hyde, sì, ma quando mi arrabbio, non quando bevo una pozione.
A volte penso e ripenso che questa parte oscura del mio carattere, probabilmente è dovuta al fatto che, in prima e seconda elementare, avevo come compagno di classe un bambino davvero perfido nelle sue giornate peggiori. Litigava pesantemente con la maestra e non esitava a darle della stronza, sì sì, avete capito bene, della stronza; a volte faceva pure il dito medio agli altri. Non so che tipo di gravi problemi lo abbiano portato ad essere così, ma a me quelle sue scenate facevano una paura tremenda; erano così terribili da traumatizzarmi. Mi chiedevo se anch’io in futuro sarei diventato come lui. Forse è stato da lì che il mio caratteraccio ha preso il sopravvento, a portarmi qualche volta a rispondere male agli altri quando si arrabbiano con me o mi fanno una critica, ma non l’ho mai fatto per divertimento, né allora né adesso.
Ecco, le critiche, quelle non riesco proprio a sopportarle, non importa quanto possano essere utili per imparare, mi fanno sempre stare male, ma poi, quando sono solo, cerco (per quanto possibile) di pensare al lato positivo della critica, di migliorare le mie lacune ed evitare di riceverne altre. Io sono già molto critico con me stesso, per cui se aggiungiamo critiche su critiche è la fine.
Oltretutto vengo quasi sempre frainteso quando faccio delle cose, quindi devo spiegare ogni volta il motivo delle mie azioni per evitare dei guai.
Vi dico subito che racconterò anche episodi poco piacevoli in cui farò quanto in mio potere per non nominare nomi precisi. Se qualche volta lo dovrò fare non sarà per farmi bello a scapito loro, no no, di solito queste schifezze le lascio fare agli altri, io ho avuto bisogno semplicemente di sfogarmi e togliermi dei sassolini dalle scarpe.
Così facendo è un po’ come se avessi vinto una guerra con il mondo intero, il quale penso non mi abbia mai preso abbastanza in considerazione. In questi ultimi anni ho voluto far capire al mondo che, in mezzo alle tante persone che lo popolano, ci sono anch’io e ci sono quelli come me; io ci sono sempre stato, ho avuto le mie soddisfazioni ed è giunto il momento di farmi sentire.
Ho anche scoperto che esistono persone che hanno due facce, nel senso che agli occhi degli altri appaiono garbate e gentili, ma in privato si rivelano l’esatto contrario (e viceversa, ovvio), e noi abbiamo la brutta abitudine di giudicare dalle apparenze – io in testa – e non sappiamo magari tutta la storia che c’è dietro, arrivando inutilmente a farci la morale tra di noi. Intendiamoci, c’è gente che sa controllare le proprie emozioni, ma questi sono proprio dei campioni del ruolo, è ultra-difficile essere come loro. La sola cosa da fare secondo me è prendere atto di quello che siamo e di quello che succede intorno a noi, avere la coscienza a posto e capire quando si sbaglia – lo dico anche a me stesso – e provare a migliorare (lo so, è difficilissimo) ogni giorno di più per rendere il nostro mondo più bello, più pulito e pacifico.
Persino mio padre la pensa così, infatti sul suo stato di WhatsApp ha scritto che bisogna prendere da tutti il meglio e non il peggio, giustissimo; ora dopo tanto lavoro, si sta godendo la meritata pensione e sembra che si stia addirittura divertendo ora che può fare quello che vuole.
Inoltre serviva un lieto fine, io ne vado pazzo: nonostante i numerosi problemi in tutto il mondo, io nel 2021 sono riuscito a raggiungere il mio scopo, ossia integrarmi nel mondo del lavoro, cosa per nulla facile, dopo milioni di tentativi finiti male. In verità due anni prima ne avevo già fatto una prima conoscenza col Servizio Civile, ma quello non era un vero e proprio lavoro, era più una base di partenza.
Tuttavia questo lieto fine è arrivato soltanto nel 2022: vengo da un anno “esagerato”, nel senso che ci sono stati dei considerevoli alti e bassi, un po’ come nel 2016, e in cui purtroppo se sono andate persone come Piero Angela, Sinisa Mihajlovic, Angela Landsbury (“La signora in giallo”, per intenderci), Pelè e soprattutto la regina Elisabetta.
E va bene, il lieto fine è avvenuto nel mondo dello sport: il 2021, oltre ad essere stato l’anno dei campionati europei di calcio vinti, è stato anche l’anno dei cicli vincenti conclusi, in quanto sono terminati nell’ordine quello della Juventus, di Marc Marquez (o in generale dei piloti spagnoli), del fuoriclasse della Superbike Jonathan Rea e dopo tanti – troppi – anni, quello di Lewis Hamilton e della Mercedes. Quello esclusivo di Marquez si era concluso già nel 2020 a causa di un infortunio, ma sono particolari. Il 2022 invece può considerarsi come l’anno della consacrazione di alcuni elementi dello sport italiano, avvenuta in parte già l’anno precedente e in cui è arrivato il lieto fine che tanto aspettavo.
In fin dei conti sono contento che sia andata così; mi ritengo fortunato ad essere nato negli anni ’90. A quell’epoca non esistevano ancora i social network, c’erano solo i computer, nulla di più; in questo modo ho potuto imparare al meglio come vivere la vita reale.
Sono fortunato soprattutto a stare in una famiglia che mi vuole bene, così come io ne voglio loro.
Le pagine di questo libro sono tantissime, lo so, ma non credo che ne scriverò un altro; questo è un libro “one shot”, uno soltanto e basta. Volevo semplicemente raccontare la mia storia; spero tanto di non essere noioso e che il mio racconto vi piaccia.
Molto bene, mi fermo qui, a furia di scrivere tutto già adesso rischio di spoilerare e so che a nessuno piace lo spoiler, neanche a me, sia chiaro.
Oh, che maleducato. In questo giro di confessioni ho dimenticato di presentarmi: mi chiamo Roviti. Andrea Roviti. E dopo questa bella presentazione, voglio portarvi a esplorare il mio mondo, il mondo visto da me, un mondo dove conoscerete l’Andrea persona, l’Andrea bambino e l’Andrea ragazzo in ogni sua sfaccettatura.