Quel confine sottile tra sicurezza e rischio
Quando si parla di sicurezza, e se ne valuta la percezione in un territorio, poco interessano statistiche, opinioni e tendenze a chi si alza per andare a lavorare, fare la spesa, trascorrere una serata in un locale, fare una passeggiata o semplicemente restarsene in pace a casa propria.
Spesso, per la maggior parte dei cittadini, la sicurezza è una sensazione, uno stato d’animo, un luogo del sentire che ci avvolge, come due braccia forti e rassicuranti.
Certamente non aiuta leggere i giornali o sentire il telegiornale: giovani violenti, incidenti stradali, truffe, furti, omicidi, violenze sessuali, il bollettino quotidiano è di guerra. L’insidia e l’inimmaginabile si nascondono dietro il sorriso del tranquillo vicino di casa, per strada, o in un supermercato, l’incertezza cammina affianco a ognuno e l’unica cosa ‘sicura’ è che ne avremmo ben donde a essere preoccupati.
Le statistiche
Lo stato di sicurezza di un territorio, però, passa inevitabilmente dalle statistiche; ma è parlare con le persone che lo vivono che fa comprendere se si sentono protette, perché essere al sicuro non è la stessa cosa che percepirsi tali.
Le logiche della sicurezza stanno mutando molto velocemente: alle vecchie ronde delle guardie in bicicletta, che cinquant’anni fa rendevano tranquilli i nostri nonni, si stanno sostituendo telecamere tecnologicamente sempre più evolute, l’attività di prevenzione è tessuta attraverso mezzi e materiali d’avanguardia e tutto è affidato e sostenuto dalla rete, che elabora, gestisce, prevede, suggerisce.
Nel vortice evolutivo rapidissimo che ci ha avviluppato negli ultimi decenni, la sicurezza sarebbe dovuta crescere proporzionalmente al progresso, ampliando le “confort zone” dei cittadini e l’incolumità loro e dei loro beni.
Eppure i ragazzi hanno accesso alle droghe e sono protagonisti e vittime di episodi drammatici, gli anziani subiscono odiose truffe in casa, le donne soffrono e muoiono, ognuno è esposto ogni giorno a comportamenti distratti, esagerati, sconsiderati e avvelenati che provocano tragedie; chiunque può diventare bersaglio di odio e vittima di chi a sua volta espia l’incolpevole ebbrezza di un mondo bulimico e virtuale.
Aumentare l’attenzione
Attenzione, perché aumentare le dosi d’angoscia non aiuta, bisogna aumentare quelle dell’attenzione.
Ogni cattiva intenzione, per far raggiungere lo scopo a chi la nutre, presuppone che vi siano margini di distrazione, leggerezze, poca cautela da parte di chi la deve subire.
Non è mia intenzione fare campagne di propaganda alla diffidenza, tuttavia la fiducia deve mantenere dei requisiti necessari quali la conoscenza, l’informazione, la capacità previsionale, il beneficio del dubbio e soprattutto la prudenza.
L’informazione è determinante: conoscere il territorio significa sapere quali sono le sue zone d’ombra, così da consentire l’adozione di adeguati margini di cautela.
Osservare è importante: non è guardare ma farlo con attenzione, partecipare attivamente al primo requisito di un piano di prevenzione efficace.
Potrebbe essere sufficiente per affermare, modulando il Manzoni: «Bene, si faccia coraggio» riprese l’Innominato: «ché ora è in sicuro…»
Gianluca Di Pietrantonio
Criminologo Forense