Il boato, la paura, i feriti. Poi un’esplosione di solidarietà
Un boato, e poi il silenzio. Dopo ogni fatto terribile c’è uno spazio di silenzio prima delle grida, come se la sorte maligna per un attimo si vergognasse di quello che ha cagionato. Poi c’è il fragore dei soccorsi e, in una graduale attenuazione, il ritorno al silenzio. A quasi un mese dalla terribile esplosione avvenuta a Canale, si stanno vivendo i giorni del silenzio operoso, quella deposizione di parole a favore delle cose da fare. In tantissimi hanno fatto e stanno facendo qualcosa, e sarebbe interessante ascoltare la voce di ognuno. Quella di Canale si è dimostrata una comunità a concorso naturale nell’apportare sostegno alle decine di famiglie rimaste senza casa e senza cose. Ogni voce sarebbe corrotta da una piega di commozione e da un sussulto di incoraggiamento. Sarebbe bello sentirle tutte, renderebbe a ognuno l’onore che merita, ma impossibile da condensare in questo spazio limitato. Di queste voci, L’agone ne ha raccolte tre: quella del sindaco, Alessandro Bettarelli, primo cittadino a rappresentanza di tutti i residenti; quella del parroco, Don Giacomo Nieto, in rappresentanza degna del divino; e quella di Simone Chiaretti, il ragazzo rimasto sotto le macerie per più di tre ore, una voce rotta dalla commozione e interrotta da lunghe pausa di terrifico silenzio.
Alessandro Bettarelli
«Quanto successo alle 8.30 del 6 gennaio non ha precedenti nella storia di Canale Monterano. La memoria torna al 23 aprile 1944, quando un bombardamento aereo uccise 5 nostri concittadini in zona Castagno. Il 6 gennaio scorso un’esplosione ha colpito un’area poco distante, compresa tra via dei Monti, vicolo dei Monti e largo F. Duca, con danni importanti per alcuni immobili in corso della Repubblica, via Montecavallo, piazza del Comune, via I Maggio. Circa 30 gli immobili a vario titolo coinvolti, 20 autovetture danneggiate, 3 concittadini feriti e trasportati in ospedale, uno ancora ricoverato al S. Eugenio di Roma, al quale vanno sempre i nostri pensieri.
La macchina dei soccorsi, possiamo fieramente dirlo, ha funzionato. Dopo i primissimi aiuti prestati dai cittadini che si trovavano in zona, in pochi minuti e nonostante il giorno festivo erano sul posto i volontari di Protezione Civile, mezzi meccanici a disposizione dei Vigili del Fuoco, Carabinieri, 118, Polizia Locale, altri gruppi di PC e Croce Rossa dei paesi limitrofi, Polizia di Stato. C’erano e hanno lavorato in modo encomiabile. L’area è stata subito circoscritta e sottoposta a sequestro giudiziario per le indagini che seguiranno.
Non ha precedenti neppure quanto avvenuto dopo. La sera stessa tutti quelli che ne avevano bisogno erano allocati in strutture ricettive poi prese in carico dal Distretto Socio Sanitario Rm 4.3. La solidarietà spontanea di tutto il territorio e dei Comuni vicini ha fatto fiorire decine di iniziative benefiche a favore della raccolta fondi organizzata da Pro-Loco, Comitato 1984, Parrocchia e Comune. Pacchi alimentari e una prima piccola somma di denaro sono stati velocemente messi a disposizione dei cittadini danneggiati per le prime urgenti spese.
Importanti interlocuzioni sono state attivate con i Comuni vicini (a tale proposito un particolare ringraziamento va ai sindaci di Manziana, Alessio Telloni; Oriolo, Emanuele Rallo e Bracciano, Marco Crocicchi; e ai primi cittadini di Anguillara, Trevignano e allo staff de L’agone), con la Regione Lazio e Città Metropolitana di Roma Capitale per ragionare sugli scenari sul breve, medio e lungo periodo. Se la macchina della solidarietà ha funzionato, a prescindere dalle responsabilità che hanno causato questa tragedia, rimane ancora oggi da capire chi aiuterà questi nostri concittadini a rifarsi una casa. Questa è oggi la loro richiesta: tornare a casa. Confidiamo che dopo il 2023 dedicato al 150° del nostro Comune, il 2024 sia l’anno dedicato a tutti i nostri concittadini colpiti dall’esplosione del 6 Gennaio scorso. Per loro faremo tutto il possibile, come sempre, tutti insieme ».
Don Giacomo
Quando parla don Giacomo infonde serenità e speranza con quel suo volto sempre sorridente e paterno; davvero alcuni uomini possono dirsi degni di rappresentare Qualcuno più grande. «Innanzitutto abbiamo avuto la dimostrazione che l’unione fa la forza, basta dare l’esempio del primo passo che poi gli altri lo seguiranno». Parla di esempio, Don Giacomo, e lo fa con concretezza. «Non possiamo parlare di ricostruzione, perché è qualcosa di più grande delle nostre possibilità, ma possiamo parlare di supporto all’immediatezza del trauma. La forza della comunità è stata unirsi al di là delle differenze di pensiero, per diventare fronte comune a sostegno dei bisogni. Questa è la sfumatura celeste del dolore patito, niente caccia alle streghe alla ricerca di responsabili o responsabilità, ma un’attivazione immediata nel cercare di fare qualcosa con una ineccepibile sintonia tra istituzioni, volontariato e cittadini». Stava celebrando l’eucarestia quando ha sentito la bomba, come la chiama lui, e in pochi minuti ha deposto le vesti liturgiche per essere tra i primi a scavare tra le macerie; sorride nel ricordare la bellezza di vedere dietro di lui altri che accorrevano per aiutare, inizio di una sinfonia d’altruismo in grado di sfidare l’indifferenza. «Lo faccio io» è venuto prima del «devono farlo altri», e dunque «per questo siano benedetti tutti i membri di una comunità così». «Resta il dolore di veder demoliti progetti e sacrifici di alcune famiglie, dolore a cui la parrocchia rimarrà sempre vicino, ma non la chiesa, non il comune, non questo o quello ma l’intera comunità, è Canale che si è mosso».
Ma sono i silenzi di Simone a parlare di più; con poche parole sincopate ha raccontato la paura, l’angoscia e la rinascita. Con gli occhi persi in momenti che non dimenticherà mai e con un sorriso timido e fugace ha raccontato un’esplosione di solidarietà che lo fa sentire fortunato nella disgrazia.
Ludovica Di Pietrantonio