Paolo Virzì, livornese, classe 1964, regista sceneggiatore e produttore. Studia sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove è stato allievo di Gianni Amelio e Furio Scarpelli.
È suo, con altri, il soggetto di Turné di G. Salvatores. Il cineasta toscano cura la regia di molte opere tra le quali ricordiamo Ovosodo (1997), Caterina va in città (2003), La prima cosa bella (2010), Il capitale umano (2014), La pazza gioia (2016), Ella & John – The Leisure Seeker (2017), Siccità (2022).
Il 7 marzo prossimo uscirà Un altro Ferragosto ultimo lavoro, molto atteso, di Paolo Virzì. Per capire il perché ci sia particolare curiosità dobbiamo andare indietro fino al 1996 quando esce il lungometraggio diventato cult Ferie d’agosto, lavoro che segue l’opera prima da regista di Virzì, La bella vita (1994), che già lo fece distinguere aggiudicandosi il Ciak d’oro, il Nastro d’argento e il David di Donatello nella categoria “Migliore Regista Esordiente”; film che vede l’interpretazione di Sabrina Ferilli, Massimo Ghini e Claudio Bigagli, nel quale viene messo in scena un triangolo sentimentale in una cornice popolare sullo sfondo dell’irreversibile crisi d’identità della classe operaia (temi sociali cari a Virzì sin da subito). La cifra stilistica del maestro mette in rapporto l’ironia e la risata con aspetti drammatici che lasciano quel retrogusto amaro in grande stile, alla maniera della commedia all’italiana di cui molti sostengono che Paolo Virzì sia l’erede diretto, sebbene se ne stabilisca generalmente la fine con La Terrazza (1980) di Ettore Scola. Un altro Ferragosto è il sequel di Ferie d’agosto (commedia balneare e divertente che, ovviamente, non si esime dal lasciare l’amaro in bocca) che vinse il David di Donatello come miglior film. La domanda che viene subito in mente è se come allora, il sequel, farà una fotografia del periodo storico messo in scena. In Ferie d’agosto, film corale ambientato sull’isola di Ventotene, troviamo quella spaccatura e quelle contrapposizioni di ideali che imperversavano tra gli italiani della metà degli anni ‘90. Il film esce nel periodo post tangentopoli, che ha appena determinato la fine della cosiddetta prima Repubblica, e l’inizio del periodo Berlusconiano con l’ascesa dell’imprenditore nonché proprietario di reti televisive e il suo partito Forza Italia; anni in cui la sinistra – seppur ancora presente – è in piena crisi identitaria, nonostante incarnasse certi ideali ancora vividi di vissuto. Come e cosa mette in scena Virzì oggi? Quale lo spaccato in una fotografia storica fatta attraverso due famiglie? Allora erano agli opposti nel modo di comunicare, nello stile di vita, nella cultura e, ovviamente, nelle abitudini quotidiane, insomma due famiglie che vivevano in una diversità antropologica rappresentante una scissione identitaria nazionale radicata nel nostro paese. Anche oggi come allora (e come nelle migliori commedie all’italiana) non sarà risparmiato nessuno?
Soprattutto, da quali ideali o istanze sociali, storiche e politiche sarà rappresentata oggi quella che allora era la spaccatura identitaria del bel paese? Molto è cambiato da allora, saranno ancora i giovani a mettere in discussione dall’interno e coloro che riusciranno ad avere punto di contatto?
Sappiamo che i Mazzalupi tornano a Ventotene con il loro fare tragicomico disperato per celebrare un matrimonio, ma anche il professor Molino e famiglia sono tornati lì con gli amici e un mood malinconico, dolente e triste per un evento meno felice. Si scontreranno ancora ed è emblematica oltreché simbolica la motivazione della permanenza sull’isola, c’è chi – a destra – banchetta e chi – a sinistra – prepara un funerale. Ne Un Altro Ferragosto, purtroppo ci sono due assenze nel cast, Ennio Fantastichini e Piero Natoli, i due attori che ci hanno lasciato.
Marzia Onorato
Redattrice L’agone