Le elezioni europee di giugno si avvicinano, e si avvicina anche il momento nel quale ognuno di noi dovrà decidere a quale forza politica affidare il proprio voto. I venti di guerra che spirano sul nostro continente ci dovrebbero costringere fin da subito a prendere molto sul serio il destino dell’Unione Europea, sarebbe altresì opportuno avere un parlamento adeguato al compito che già ora è chiamato a svolgere per riportare la pace tra paesi, che in un passato non troppo lontano, hanno già vissuto la tragedia della guerra senza trarne il dovuto insegnamento.
Ue, ruolo fondamentale
Il ruolo dell’Unione Europea sarà quindi fondamentale, specialmente nel caso gli Stati Uniti decidessero di disimpegnarsi dal teatro europeo e medio orientale, qualcuno dirà che forse sarebbe meglio così, ma nell’incertezza su quelli che potrebbero essere gli effetti della perdita di un ombrello militare come quello americano, forse è meglio sperare nella vittoria di un presidente amico che in uno a cui i destini dell’Europa sono del tutto indifferenti.
Forza economica ma nano politico
In questo contesto si dovrebbe inserire il ruolo dell’Italia che rappresenta, nel contempo, una forza economica di tutto rispetto e un nano politico che non riesce ad aver una voce autorevole sulle principali questioni del vecchio continente. La scarsa credibilità dell’Italia nei confronti dell’Unione europea non può essere imputata solo all’attuale governo, viene da lontano, le gag berlusconiane nei meeting europei girano ancora nella Rete e periodicamente riemergono. A parte la breve parentesi del governo Draghi, il ruolo che ci siamo ritagliati non è mai un ruolo da protagonisti, come invece meriteremmo.
Rapporto Censis
In attesa di conoscere come le forze politiche impegnate nella tornata elettorale intendono rilanciare o depotenziare gli organismi dell’Unione europea, i programmi elettorali non sono ancora pronti, il 57° Rapporto Censis, pubblicato lo scorso dicembre, riporta un’analisi sullo spirito con cui gli italiani andranno al voto. La frase riportata nell’incipit del rapporto racchiude in se la crisi profonda che l’anima del Paese attraversa. “La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti.”.
Oltre al dato che illustra il forte calo del tasso di natalità, più volte riportato su questo giornale, tra il 2023 e il 2050 il numero di abitanti passerà da 58,9 milioni a 54,4 (un calo del 7,6%), vi sono altri dati sulla sfera ambientale ed emotiva che preoccupano. Per riportarne alcuni, il 73,4% degli italiani teme che i problemi strutturali irrisolti negli anni passati provocheranno una crisi sociale profonda, quasi il 71% teme che l’insieme dei problemi demografici, i rischi per l’ambiente e la guerra, provocheranno il crollo della Società favorendo la violenza e la povertà diffusa. Inoltre, sembra ormai acquisito nella percezione degli italiani (84%) che il clima sarà sempre più impazzito, incontrollabile e ostile, così come la certezza che ci sarà una carenza di acqua (68,2%) e scarse risorse energetiche (43,3%). Un altro dato che mina la fiducia in sé stessi degli abitanti del Belpaese è la consapevolezza di contare poco nella società (56%). E questo è solo un assaggio su come i dati dimostrino che il sonnambulismo sia diventato un tratto distintivo degli italiani del 2023. Certo è che le forze politiche avrebbero il compito di risvegliare la Nazione, sollecitando uno scatto di reni che la riporti a essere protagonista del proprio futuro, invece, in alcuni casi, si tende ad assecondare questo declino con la misera speranza di ottenere pochi voti in più.
Salvatore Scaglione