Una ricostruzione dei contrastati rapporti fra il Partito comunista italiano e la televisione, da cui emergono con efficacia alcuni nodi irrisolti della politica culturale del Pci, che colma un vuoto nella storia dei media in Italia.
L’autore, intrecciando il puntuale richiamo ai programmi della televisione con questioni come la gestazione del «colore», la controversa riforma della Rai, l’esplosione dell’emittenza privata, nonché con fatti apparentemente distanti come il referendum sul divorzio, l’«austerità» o l’«effimero», propone una documentata analisi dell’atteggiamento dei comunisti, evidenziandone, almeno fino agli anni Ottanta, la ricorrente propensione a inseguire al momento sbagliato soluzioni rifiutate al momento giusto.
Il libro è preceduto da un saggio di Enrico Menduni, Pci e televisione tra gestione e politica, che ricostruisce l’intreccio spesso contraddittorio o omissivo fra le effettive condotte del Pci in Parlamento e nella gestione della Rai, e le sue campagne politiche in tema di comunicazione di massa.
In questa nuova edizione l’autore ha inserito un nuovo capitolo conclusivo in cui delinea brevemente i momenti principali della storia del rapporto tra i post-comunisti e il mezzo dopo il 1990 e la fine del Pci, fino a oggi.
Giandomenico Crapis è uno storico della TV. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: Televisione e politica negli anni Novanta (Meltemi 2006), Michele Santoro. Comunque la pensiate (Aliberti 2009), Enzo Biagi. Lezioni di televisione, (RaiEri 2016), Matteo Renzi dal pop al flop (Mimesis 2019). Più recente è Umberto Eco e la politica culturale della Sinistra (in collaborazione con C. Crapis, La Nave di Teseo, 2022). Ha collaborato con «Problemi dell’informazione», «l’Unità», «il Manifesto» e attualmente è commentatore de «Il Fatto quotidiano».