22 Dicembre, 2024
spot_imgspot_img

Che differenza c’è tra Parmigiano Reggiano e Grana Padano?

Sulle tavole degli italiani, ma anche di molti cittadini del mondo, sono spesso presenti il Grana Padano DOP e il Parmigiano Reggiano, due formaggi apparentemente simili ma che in realtà nascondono importanti differenze.
Prima di addentrarci negli aspetti tecnici è bene fare qualche cenno sulla loro storia e la loro diffusione.
Questi due formaggi nascono nella pianura padana circa mille anni fa per mano dei monaci benedettini e cistercensi con lo scopo di conservare il latte in modo da poterlo consumare tutto l’anno.
Essendo due prodotti DOP, ossia Denominazioni di Origine Protetta, la loro produzione è legata indissolubilmente al territorio.
Questa certificazione è infatti attribuita solo ad alimenti le cui caratteristiche sono determinate da un ambiente geografico preciso, che include sia fattori naturali che umani (ad esempio tecniche di produzione tradizionali), che conferisce al prodotto caratteristiche uniche.
Per questo la produzione delle materie prime e la sua trasformazione deve avvenire in una determinata area geografica.
La zona di allevamento degli animali che producono il latte per il Parmigiano Reggiano e di produzione di questo formaggio è obbligatoriamente quella delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte di Bologna e Mantova.
L’area di allevamento e produzione del Grana Padano è invece più ampia e comprende 32 province nelle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige.
Per fare entrambi i formaggi il latte deve essere sicuramente italiano e munto nelle province dei due comprensori.
La tecnica di produzione è molto simile trattandosi di formaggi a latte crudo non pastorizzato a lunga stagionatura. Entrambi sono privi di lattosio, perché il tempo lo distrugge.
Il latte per fare il Parmigiano Reggiano è intero e in parte decremato mentre quello per fare il Grana Padano è tutto decremato, per cui quest’ultimo risultata un po’ meno grasso.
Molto diversa è invece l’alimentazione delle bovine che fanno il latte per queste due DOP.
A quelle che fanno il latte per il Parmigiano Reggiano è vietato somministrare alcuni alimenti come gli insilati (foraggi conservati con una specifica tecnica) perché non tradizionali e perché questi potrebbero alterare gusto e colore del formaggio, mentre pochi sono i vincoli alimentari per le bovine del Grana Padano.
Il divieto di utilizzo degli insilati nel comprensorio del Parmigiano Reggiano è dovuto anche al fatto che questo modo di conservare i foraggi li arricchisce di batteri come i clostridi che sono del tutto innocui per l’uomo e l’ambiente ma che aumentano il rischio che le forme di formaggio possano spaccarsi e quindi rovinarsi.
Il Grana Padano ha risolto questo problema autorizzando i suoi caseifici ad utilizzare un enzima naturale contenuto in grande quantità nell’albume dell‘uomo che si chiama lisozima. Questo è normalmente presente nel latte delle femmine di tutti i mammiferi, e quindi anche nel latte umano, e nelle lacrime. Utilizzato in piccole quantità, è assolutamente innocuo e serve scoraggiare la crescita dei clostridi nel formaggio.
I numeri di queste due DOP sono impressionanti. Il 24% del latte bovino prodotto in Italia è utilizzato per fare il Grana Padano e il 18% per fare il Parmigiano Reggiano. Nel 2023, il nostro Paese ha prodotto 5.400.000 forme di Grana Padano e 4.000.000 di Parmigiano Reggiano per un valore complessivo di ben 3,4 miliardi di euro.
Si tratta quindi di due prodotti Made in Italy dall’incredibile valore non solo economico ma anche sociale e culturale, diversi ma entrambi espressione della maestria dei casari che ogni giorno li producono.

Sara Fantini
Redattrice L’agone

Ultimi articoli