Il suolo è una risorsa indispensabile per la vita sulla Terra, permettendo la produzione di alimenti e materie prime, agendo nella regolazione del clima, catturando e immagazzinando il carbonio, regolando la qualità dell’acqua, proteggendo dagli eventi idrologici estremi, fornendo habitat e contribuendo alla conservazione della biodiversità.
Tuttavia, è anche una risorsa limitata e fragile, spesso trascurata o sottovalutata.
Per promuoverne una gestione attenta e preservarne fertilità e salute, negli anni ’30 negli Stati Uniti è nata l’agricoltura conservativa, o agricoltura blu, come risposta alla grave erosione del suolo causata dalla meccanizzazione agricola.
Oggi è diffusa in tutto il mondo, con un incremento annuo stimato di circa 5,3 milioni di ettari, soprattutto in Nord e Sud America, Australia e Nuova Zelanda, e una crescente popolarità. L’utilizzo di queste pratiche si è diffuso anche in Europa, in Paesi come Spagna, Francia, Germania, Ucraina e in Italia.
L’Associazione italiana per la gestione agronomica e conservativa del suolo (AIGACoS), fondata nel 1998 ad Osimo (Ancona), ha svolto un ruolo fondamentale nel promuoverne l’utilizzo nel nostro Paese.
Sul territorio italiano l’uso dell’agricoltura blu è principalmente concentrato su colture come olive e viti, ma la mancanza di politiche agricole adeguate ne ha limitato la diffusione. L’agricoltura blu mira a ridurre l’erosione del suolo, aumentare la fertilità e la biodiversità, e mitigare i cambiamenti climatici. Utilizza approcci come la semina diretta su terreno non lavorato e la gestione integrata dei parassiti e delle infestanti, riducendo l’uso di erbicidi e pesticidi. Queste pratiche comportano vantaggi ambientali, come il miglioramento della biodiversità e del sequestro di carbonio, oltre a vantaggi economici derivanti dalla riduzione dei costi di produzione. Si tratta quindi di una prospettiva interessante alternativa sostenibile per la gestione agricola, con benefici tangibili per l’ambiente, il clima e l’economia agricola.
Sara Fantini