“No a questo redditometro, ma si allo strumento, comunque lo si voglia chiamare. La lotta all’evasione passa anche da un confronto delle spese rispetto al reddito dichiarato. Il punto è che questo raffronto va fatto bene. Il contribuente va convocato ogni volta che i suoi consumi certi non sono congrui rispetto al reddito, non quelli presunti fondati sulle medie del pollo di Trilussa. Le medie Istat non devono concorrere né alla selezione dei contribuenti né formare oggetto del contraddittorio e non basta, come scritto nel decreto, che le spese certe, ossia quelle presenti in anagrafe tributaria, siano considerate prevalenti rispetto a quelle calcolate induttivamente” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Il Governo Meloni ha commesso poi il grave errore di ricopiare la tabella dei consumi già presente nella bozza del 2021, senza fare alcuna correzione, mantenendo lo stesso elenco delle spese che hanno un contenuto induttivo. Peccato che siano spese non obbligatorie, che non è detto affatto siano realmente sostenute da una famiglia nel corso dell’anno” prosegue Dona.
“Chi lo dice ad esempio che una famiglia abbia una spesa per tram, autobus e taxi se abita in un piccolo paese? E perché dovrebbe acquistare bevande se beve acqua del rubinetto? Anche abbigliamento e calzature non sono spese che si fanno obbligatoriamente ogni anno. Al contrario deve poter bastare anche una sola spesa per far scattare l’accertamento, se si tratta di un bene di lusso non congruo con il reddito dichiarato, senza necessità di dover ricorrere alle medie Istat. Tutte proposte da noi avanzate nella consultazione pubblica del 2021, ma che non sono state nemmeno prese in considerazione dal Governo Meloni” conclude Dona.